L'OPINIONE. Sembrano passati anni, più che mesi, dallo svolgimento del quesito referendario dello scorso mese di Giugno, quando fu chiesto agli aventi diritto di decidere sul regime relativo alla gestione dell'acqua "bene comune". In quell'occasione, come sappiamo, stravinsero con percentuali bulgare i favorevoli all'abrogazione della normativa esistente in materia, che consentiva ai gestori di incamerare il famoso 7% del "capitale remunerato". Uno scempio giuridico, in presenza di meccanismi e facoltà di garanzia dell'interesse della collettività.
Eppure ieri a Roma, a poco più di 5 mesi da quella occasione, il popolo dell'acqua bene comune è sceso nuovamente in piazza per protestare contro il "vento liberalizzatore" che sembra aver nuovamente attanagliato in una morsa la fatidica questione. Se è vero che il 97% dei votanti ha allora espresso la propria contrarietà ad una "privatizzazione" dell'acqua ed alla intollerabilità del "profitto garantito" per i gestori, è altrettanto vero che nessun provvedimento di carattere positivo è stato successivamente adottato per garantire l'effettività della deliberazione popolare: ad esempio la trasformazione delle Spa in società a prevalente partecipazione pubblica. Ciononostante la massiccia partecipazione popolare e la vacuità delle premesse sulle quali poggiava, e ancora poggia, la teoria liberista.
Se non è vero che l'unica possibilità di rimediare alla scarsità mondiale d'acqua risiede nell'affidarne la gestione a gruppi di settore a carattere privato, se dunque non è necessario attribuire un valore economico all'acqua e considerarla come bene finanziario, e di conseguenza farne carne da macello delle multinazionali, perchè la classe politica italiana non ha preso atto di quella deliberazione, approntando tutti gli strumenti idonei per chiosarne la effettività? Una domanda che si pone quantomai necessaria, anche in virtù della formazione del nuovo esecutivo.
Non sembra infatti che il Governo Monti si ponga su una linea di discontinuità del precedente esecutivo, come dimostra la stessa formazione dei ministeri, composti da industriali e sodali degli istituti di credito, e per la chiara tendenza a seguire alla lettera le indicazioni provenienti dall'Unione, sulla scorta della spinta privatizzatrice della Bce. Di fronte ad un simile attentato, pratiche come l'autoriduzione della bolletta (nella misura del 7%, pari al profitto garantito), appaiono pienamente legittime ed efficaci.
Eppure ieri a Roma, a poco più di 5 mesi da quella occasione, il popolo dell'acqua bene comune è sceso nuovamente in piazza per protestare contro il "vento liberalizzatore" che sembra aver nuovamente attanagliato in una morsa la fatidica questione. Se è vero che il 97% dei votanti ha allora espresso la propria contrarietà ad una "privatizzazione" dell'acqua ed alla intollerabilità del "profitto garantito" per i gestori, è altrettanto vero che nessun provvedimento di carattere positivo è stato successivamente adottato per garantire l'effettività della deliberazione popolare: ad esempio la trasformazione delle Spa in società a prevalente partecipazione pubblica. Ciononostante la massiccia partecipazione popolare e la vacuità delle premesse sulle quali poggiava, e ancora poggia, la teoria liberista.
Se non è vero che l'unica possibilità di rimediare alla scarsità mondiale d'acqua risiede nell'affidarne la gestione a gruppi di settore a carattere privato, se dunque non è necessario attribuire un valore economico all'acqua e considerarla come bene finanziario, e di conseguenza farne carne da macello delle multinazionali, perchè la classe politica italiana non ha preso atto di quella deliberazione, approntando tutti gli strumenti idonei per chiosarne la effettività? Una domanda che si pone quantomai necessaria, anche in virtù della formazione del nuovo esecutivo.
Non sembra infatti che il Governo Monti si ponga su una linea di discontinuità del precedente esecutivo, come dimostra la stessa formazione dei ministeri, composti da industriali e sodali degli istituti di credito, e per la chiara tendenza a seguire alla lettera le indicazioni provenienti dall'Unione, sulla scorta della spinta privatizzatrice della Bce. Di fronte ad un simile attentato, pratiche come l'autoriduzione della bolletta (nella misura del 7%, pari al profitto garantito), appaiono pienamente legittime ed efficaci.