L'OPINIONE. La riforma del sistema pensionistico-previdenziale è uno dei pallini del Governo Berlusconi-ter, che per l'ennesima volta pone l'argomento in cima al diario degli impegni di lavoro. Una riforma in senso peggiorativo delle attuali condizioni, s'intende, e si tratta di una chiosa inutile e retorica, considerata la deriva liberistico-omicida dell'attuale frangente economico e politico.
In realtà, come sostenuto da diversi analisti, le pensioni non sono un problema, dato che non ci sono grossi squilibri finanziari settoriali cui porre rimedio. Solo un governo ossessionato dal "pareggio di bilancio" e dal rispetto di parametri senza alcun presidio costituzionale poteva arrivare a tanto. Perchè dunque tanta lena? Il problema è rappresentato non tanto dall'innalzamento dell'età pensionabile, quanto piuttosto dalla "sostanza" delle pensioni di anzianità, la maggior parte delle quali viene percepita al Nord, in ragione della maggiore offerta di lavoro che regna sovrana nel Settentrione. Motivo per cui la Lega stessa si oppone alla riforma. In realtà, c'è qualcosa di ancora più profondo su cui occorre riflettere.
Da giorni tv e quotidiani nazionali ci ripropongono l'urgenza di affontare la crisi economica e previdenziale in Italia, dando spazio anche ad agenzie europee o a comunicati dell'Unione. Non a caso, è in simili frangenti che si assiste ad un massiccio aumento delle domande di pensionamento, proprio perchè i lavoratori con più anni sul groppone temono di incorrere nelle nuove normative. E non è un caso che, anche all'estero, molti ministri stiano adottando provvedimenti di pensionamento anticipato, proprio nel campo della pubblica amministrazione. Effetto-domino volutamente innescato, o facile dietrologia? La prima è un'ipotesi da non scartare, visto che ogniqualvolta si presentino difficoltà nel ramo dell'amministrazione finanziaria del paese il primo obiettivo ad essere centrato è quello del "lavoro stabile", nel tentativo di sostituirlo con "lavoro precario" o, nella peggiore delle ipotesi, non sostituirlo affatto. Ed è in questo meccanismo che si inserisce altresì il discorso sulla necessità di inserire il merito nella gestione del lavoro. Quale altro criterio, infatti, può essere più arbitrario di questo, quando vengono a mancare certezze e presidi in ordine alle sue garanzie e procedure?
Ecco dunque che, per questa ed anche per altre ragioni, lo stato emergenziale della previdenza sociale può essere, in certi casi, non soltanto un evento paventato, ma direttamente o indirettamente pianificato, allo scopo di creare scompiglio e destabilizzazione in un mondo, quello del lavoro (mal) retribuito, già di per sè alla canna del gas.
In realtà, come sostenuto da diversi analisti, le pensioni non sono un problema, dato che non ci sono grossi squilibri finanziari settoriali cui porre rimedio. Solo un governo ossessionato dal "pareggio di bilancio" e dal rispetto di parametri senza alcun presidio costituzionale poteva arrivare a tanto. Perchè dunque tanta lena? Il problema è rappresentato non tanto dall'innalzamento dell'età pensionabile, quanto piuttosto dalla "sostanza" delle pensioni di anzianità, la maggior parte delle quali viene percepita al Nord, in ragione della maggiore offerta di lavoro che regna sovrana nel Settentrione. Motivo per cui la Lega stessa si oppone alla riforma. In realtà, c'è qualcosa di ancora più profondo su cui occorre riflettere.
Da giorni tv e quotidiani nazionali ci ripropongono l'urgenza di affontare la crisi economica e previdenziale in Italia, dando spazio anche ad agenzie europee o a comunicati dell'Unione. Non a caso, è in simili frangenti che si assiste ad un massiccio aumento delle domande di pensionamento, proprio perchè i lavoratori con più anni sul groppone temono di incorrere nelle nuove normative. E non è un caso che, anche all'estero, molti ministri stiano adottando provvedimenti di pensionamento anticipato, proprio nel campo della pubblica amministrazione. Effetto-domino volutamente innescato, o facile dietrologia? La prima è un'ipotesi da non scartare, visto che ogniqualvolta si presentino difficoltà nel ramo dell'amministrazione finanziaria del paese il primo obiettivo ad essere centrato è quello del "lavoro stabile", nel tentativo di sostituirlo con "lavoro precario" o, nella peggiore delle ipotesi, non sostituirlo affatto. Ed è in questo meccanismo che si inserisce altresì il discorso sulla necessità di inserire il merito nella gestione del lavoro. Quale altro criterio, infatti, può essere più arbitrario di questo, quando vengono a mancare certezze e presidi in ordine alle sue garanzie e procedure?
Ecco dunque che, per questa ed anche per altre ragioni, lo stato emergenziale della previdenza sociale può essere, in certi casi, non soltanto un evento paventato, ma direttamente o indirettamente pianificato, allo scopo di creare scompiglio e destabilizzazione in un mondo, quello del lavoro (mal) retribuito, già di per sè alla canna del gas.