"Per noi il problema centrale resta il lavoro. I dati della Campania sono drammatici e penalizzano soprattutto i giovani e le donne. Il Comune di Salerno da solo, senza l'aiuto di nessuno, con lo straordinario piano di trasformazione urbana, si conferma il principale soggetto capace di movimentare l'economia provinciale. Sarà sempre più difficile contribuire a creare nuovo lavoro, ma noi continueremo a provarci con tutte le nostre forze". Era stato chiaro il sindaco Vincenzo De Luca, solo qualche giorno fa, dirottando l'attenzione sulla grave emergenza che attanaglia il Mezzogiorno, la nostra Regione, toccando anche la nostra città con esiti drammatici. Invocando tra le righe l'aiuto dei livelli superiori dell'amministrazione decentrata. Non si è fatta attendere la replica dell'assessore provinciale alle politiche del Lavoro, Anna Ferrazzano, a margine del vertice tenutosi il 24 Agosto con una delegazione del Movimento dei Disoccupati Organizzati di Salerno: "E' tempo che il Sindaco De Luca pensi a riservare posti di lavoro ai disoccupati del territorio salernitano, la cui percentuale diventa ogni giorno sempre più rilevante. Abbiamo ribadito la disponibilità e l'impegno della Provincia di Salerno nel porre in essere tutte le necessarie azioni per il loro inserimento nel mercato del lavoro così come previsto dal Piano regionale. Tuttavia, in occasione dell'annuncio dell'approvazione di sei nuovi Piani urbanistici attuativi (PUA) da parte del Comune di Salerno, è ora che il sindaco De Luca ponga al centro della sua attenzione i disoccupati salernitani, in quanto lavoro e disoccupazione sono i problemi veri di Salerno". Polemiche a parte e dati alla mano, l'emergenza è lampante. Soltanto nel 2010, infatti, il settore industriale ha visto un'impennata del 270% dei lavoratori posti in cassa integrazione, quello edilizio del 52%, particolarmente colpito il mercato del lavoro anche nel settore agricolo. Il tasso di disoccupazione si è così attestato sul 14% (due punti in più rispetto alla media regionale - dati territoriali INPS). In un paese fanalino di coda UE nel ramo dell'occupazione non poteva essere altrimenti. Secondo i dati raccolti dall'Istat, sono ben 714mila le persone che non rientrano nel ciclo produttivo provinciale; la più colpita è la fascia d'età dai 15 ai 24 anni (più di un ragazzo su 2 non occupato). In netta involuzione anche la qualità del lavoro e l'occupazione femminile (238mila le donne senza lavoro). In che modo può incidere la manovra attualmente al varo del governo su di una situazione tanto emergenziale? Un piano lacrime e sangue come quello prospettato non sembra affatto la terapia giusta, ma piuttosto il viatico inevitabile verso un imbarbarimento sociale. Illuminanti in tal senso le parole del Ministro Tremonti: "Tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici, mettere mano agli articoli 41 e 81 della Costituzione, intervenire sulle pensioni di anzianità e su quelle delle donne nel settore privato, ipotesi di introduzione di libertà di licenziare". Tradotto in termini giuridici? Innanzitutto dare sanzione costituzionale al pareggio di bilancio con la modifica dell'art.8,1 ed attenuare il vincolo di socialità e solidarietà dell'iniziativa economica consacrato dall'art.41, cardine della Carta Fondamentale e prodotto dialettico della collaborazione fra le 3 maggiori forze politiche del dopoguerra. In secondo luogo, mettere mano in via definitiva (e in senso peggiorativo) allo Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970), frutto di tante battaglie civili e sociali dei lavoratori nazionali, baluardo positivo dei loro diritti, col pretesto di adeguarsi alle "maggiori esigenze di flessibilità" continuamente invocate dall'Ocse, e latamente intese come "maggiore libertà di licenziamento". Si capisce bene che una simile manovra non soltanto è di per sé insufficiente ad un'evoluzione in senso migliorativo della situazione lavorativa locale, ma rischia altresì di inabissarla in un vortice senza ritorno. Le liberalizzazioni sciacalle cui si stanno avviando numerosi paesi (specie in orbita UE) su pressione di BCE ed FMI sono la risposta del sistema capitalistico alle sue crisi cicliche. I primi a pagarne lo scotto sono i territori e le realtà locali. Lo si evince, nella nostra provincia, dall'elevato numero di privatizzazioni dallo stallo della crescita economica e sociale, da un tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti d'Italia e dall'elevata percentuale di imprese fallite o prossime alla chiusura. E' di ieri la notizia dell'approvazione da parte della Giunta Comunale di sei nuovi Piani Urbanistici Attuativi (quattro per l'edilizia privata, due per l'attività produttive ed artigiane, uffici, servizi) per un giro d'affari di circa 100 milioni di euro. "Questo - ha sottolineato De Luca - è l'unico modo che il Comune di Salerno conosce per attivare meccanismi virtuosi a beneficio del proprio territorio di riferimento: nuove risorse che produrranno lavoro vero, non virtuale". Speriamo davvero.