Roma. Inaugurata lo scorso 21 dicembre e visitabile fino al prossimo 30 giugno, l'esposizione "Egizi Etruschi. Da Eugene Berman allo Scarabeo Dorato" trova la sua cornice ideale nella Centrale Montemartini, complesso industriale romano situato sulla via Ostiense. Prima di focalizzare la nostra attenzione sulla mostra in oggetto appare indispensabile illustrare brevemente la storia di questo singolare museo romano, simbolo per eccellenza di una possibile integrazione tra archeologia industriale ed arte antica. La Centrale Montemartini, originariamente una centrale termoelettrica, fa parte del complesso museale capitolino e la decisione di destinare i suoi spazi a mostre e ad eventi di natura culturale fu presa nel 1997. All'interno delle vaste sale è possibile ammirare una cospicua quantità di reperti di epoca classica, collezione appartenente ai Musei Capitolini che se non avesse trovato questa particolare collocazione difficilmente sarebbe stata fruibile dal pubblico. I macchinari presenti all'interno della Centrale sono stati restaurati dall'Acea ed oggi troneggiano con la loro imponenza offrendo una scenografia davvero singolare per statue, mosaici e sarcofagi in marmo.
La mostra "Egizi Etruschi" mette a confronto due civiltà del Mediterraneo avvolte ancora oggi da un'affascinante aura di mistero. Mediante l'esposizione di reperti che ripercorrono gli usi ed i costumi di Egizi ed Etruschi - oggetti che lasciano sbalordito il visitatore per la loro preziosità e per la sconvolgente modernità - ci si immerge nella storia toccando letteralmente con mano la quotidianità di due popoli emblematici. Nel XIX secolo l'Europa fu invasa da un vero e proprio fervore collezionistico: Augusto Castellani e Giovanni Barracco furono tra gli esponenti più illustri di questo fervore e in virtù della loro esperienza in arte antica destinarono le proprie collezioni al Comune di Roma, andando così ad arricchire ulteriormente i reperti dei Musei Capitolini e Barracco, tanto che nel 1905 fu inaugurato il Museo di Scultura Antica. Successivamente a questa spiegazione è possibile proseguire il percorso dedicato alle civiltà attraverso le magnifiche opere appartenenti ad Eugene Berman, noto pittore, illustratore, scenografo e collezionista d'arte che trasse profonda ispirazione dai suo viaggi in Italia e dalla grande amicizia che strinse con Giorgio De Chirico. Ciò che apparteneva a Berman fu raccolto presumibilmente nei primi anni Sessanta durante i suoi viaggi in Egitto: la particolarità di questa collezione è data dalla tipologia di oggetti che solitamente non viene prediletta da chi si dedica al collezionismo, ovvero maschere funerarie e tessuti di origine copta. La mostra è suddivisa in cinque sezioni: l'oro - definito "il metallo degli dei", la regalità orientale e la sua percezione nel mondo etrusco, la vita dopo la morte, divinità egizie ed etrusche e profumi e cosmetici come beni di lusso. La prima sezione si focalizza sulla particolare maestria degli orafi egizi, mostrando al visitatore collane, anelli, bracciali dalla bellezza davvero sbalorditiva. La seconda si concentra sull'ideologia egiziana che reputava il sovrano come un'autentica divinità: il re aveva il compito di garantire il Maat, ovvero l'ordine cosmico stabilito al momento della creazione e di preservare il mondo dal caos. La terza sezione dà spazio alla ricchezza dei corredi funerari contraddistinti da una forte simbologia e indispensabili affinché il defunto potesse sconfiggere la morte. Di notevole pregio soprattutto le sphyrelata, statue etrusche polimateriche che avevano il compito di esaltare la corporeità del defunto. Non meno importante il sarcofago egizio, dimora dell'aldilà riccamente decorata come si può evincere dal suggestivo reperto in mostra negli ambienti della Centrale. La quarta sezione, dedicata al pantheon etrusco ed egizio, si intreccia strettamente con la quinta visitando la quale si scopre l'esistenza di divinità legate al mondo della cosmesi: è innegabile, infatti, che soprattutto gli egizi amassero particolarmente coccolare il proprio corpo con unguenti e profumi anche in occasione di riti religiosi e senza alcuna distinzione di sesso. Infine, la ricca esposizione offre un doveroso riferimento alle attività dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale concludendosi con il pregevole corredo funerario della Tomba dello Scarabeo Dorato, scoperta nel 2006 a Vulci nel corso di indagini volte a contrastare gli scavi di natura clandestina.
Un'esposizione vivamente consigliata non soltanto per conoscere ed approfondire la ricchezza culturale tramandataci da due civiltà che hanno reso leggendario il Mediterraneo ma anche per scoprire quanto l'integrazione di due mondi apparentemente distanti, ovvero l'arte classica e l'industria archeologica contemporanea, possa regalare emozioni.