
Washington. La Volkswagen nell'occhio del ciclone. La famosa casa automobilistica tedesca, già da qualche giorno, è finita nel mirino dell'Epa, l'Agenzia per la protezione ambientale statunitense, con l'accusa di aver alterato i dati relativi alle emissioni delle sue auto a diesel vendute negli Usa negli ultimi anni. Alcune accuse erano già state mosse da apparati dell'amministrazione americana; dopo che lo scandalo si è allargato a macchia d'olio, è stata la stessa azienda teutonica ad ammettere la violazione della normativa antismog. Come prima conseguenza il titolo Volkswagen ha perso in pochi giorni oltre il 20% della sua quotazione in Borsa (fino al -19% in un solo giorno su Francoforte). Come se non bastasse, inoltre, il gruppo rischia una pesante sanzione vicina ai 18 miliardi di dollari, oltre a plausibili conseguenze sul piano penale. Più a stretto giro di posta, poi, va sottolineato come ben più seri possono essere i danni che l'azienda di Wolfsburg può riportare a livello d'immagine e, quindi, come possano diventare serie le ripercussioni immediate sul mercato. La Francia, per bocca del ministro delle Finanze Michel Sapin, ha già chiesto una più ampia indagine "su scala europea" sul rispetto da parte delle case automobilistiche dei limiti sulle emissioni inquinanti, allo scopo di tranquillizzare i consumatori. In base alle indiscrezioni pubblicate da qualche giorno su alcune testate straniere, il numero delle auto truccate supererebbe gli 11 milioni. Secondo alcune fonti riportate dal Die Welt, inoltre, sia il governo tedesco che l'Unione Europea erano a conoscenza della magagna. La questione, dunque, oltre a portare sulla graticola la casa automobilistica, mette in discussione il mito dell'efficienza tedesca. Nel frattempo l'ad Volkswagen Martin Winterkorn, nonostante le scuse formulate in via pubblica, rischia di essere defenestrato.