
Le carceri italiane vivono una situazione che definirla un dramma è quasi un eufemismo, e che purtroppo emerge solamente quando accadono gesti estremi. Ma è una tragedia che si consuma quotidianamente, subìta non solo da coloro che vivono la prigione, perché reclusi, ma anche dagli operatori che ci lavorano. Proprio per tali ragioni, l'Italia risulta essere stata sanzionata sia dai giudici italiani che con sentenze esemplari hanno di recente condannato l'amministrazione della giustizia a risarcimenti, seppur quasi simbolici, a ristorare alcuni detenuti che avevano chiesto giustizia per le condizioni mortificanti cui erano sottoposti all'interno delle celle, che dalle istituzioni internazionali. Una buona notizia è quella arrivata nella giornata di ieri, nell'ottica di una maggiore osservazione del nostro Paese per ciò che concerne la situazione carceraria. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale 270/12, è entrata infatto in vigore la legge 195/12 di recepimento del Protocollo opzionale Onu contro le pene crudeli, inumane e degradanti. In virtù di tale importante normativa, viene previsto, peraltro, la creazione di un comitato di controllo internazionale cui sarà consentito il libero accesso ai penitenziari e nei Cie. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" resta però in piedi un vuoto legislativo che non è una semplice pecca: lo Stato italiano non ha ancora introdotto il reato di tortura nel proprio ordinamento ponendolo tra i paesi inadempienti dopo la sottoscrizione nel lontano 1984 della Convenzione contro trattamenti e pene crudeli, inumani o degradanti, adottata dalle Nazioni Unite. Pertanto, più che esprimere «vivo compiacimento » dopo l'approvazione della legge di ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, come ha fatto il ministro degli Affari esteri Giulio Terzi, occorrerebbe che il governo di cui è autorevole esponente elimini definitivamente questa vergogna giuridica e sociale determinata dal vuoto normativo, che ci allontana dal resto dei Paesi nei quali è già entrato in vigore uno specifico reato che non dovrebbe mancare in nessun ordinamento giuridico.