
I dati diffusi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità sono allarmanti. In Africa e in particolar modo in Guinea, Sierra Leone, Liberia e da pochi giorni anche Nigeria è scoppiata un epidemia di ebola senza precedenti. L'ultima si era verificata in Congo nel 2008: attualmente parliamo di 1323 contagiati e 729 vittime identificate a partire dallo scorso febbraio, mese in cui è iniziato il focolaio infettivo. Una malattia terribile, con un tasso di mortalità elevato (60-90%) e per cui ancora adesso non esiste un protocollo di cura efficace, ma su cui esiste molta cattiva informazione, frutto della narrativa e spesso anche dei media. Il virus dell'ebola è stato identificato nel 1976 nell'ex Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo, e colpisce gli animali, in particolar modo gorilla e pipistrelli, ed è letale per il genere umano. Finora ne sono stati individuati quattro ceppi, di cui soltanto uno a trasmissione aerea. L'ebola, infatti, non si contrae con un semplice contatto con il malato, bensì attraverso il contatto con i suoi fluidi corporei (sangue, feci). Questo dà al virus un potenziale epidemiologico di basso livello, nonostante in passato molti gruppi terroristici abbiano minacciato di scatenare guerre biologiche a suon di ebola. Proprio a causa dell'elevata mortalità e al livello di contagio è veramente difficile che il virus possa contagiare una comunità molto ampia.
Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha comunque ritenuto opportuno avvisare gli Italiani, preoccupati dal continuo sbarco di immigrati sulle coste che è "una malattia che si manifesta in tre giorni ed un caso conclamato non può arrivare con un barcone". Tra i sintomi più frequenti della malattia, che ha un tempo di incubazione di massimo una settimana e conduce alla morte in massimo due, ci sono la febbre alta, mal di testa, dolori addominali, debolezza, vertigini, nausea ed emorragie interne ed esterne. Anche in questo caso occorre sfatare un mito relativo alla progressione della malattia: la leggenda vuole che i corpi dei malati si "sciolgano" tra atroci sofferenze, che siano preda di vomito ematico ed emorragie massive. La realtà invece parla di sanguinamenti abbastanza radi (meno della metà), ma di uno stato di stordimento e debolezza protratto del paziente, che cade in uno stato di shock muscolare. La morte sopraggiunge rapidamente per shock ipovolemico (drastica diminuzione del volume di sangue) e per sindrome da disfunzione di organo multipla. Una delle probabili cause della grande diffusione del virus è la grande mancanza di igiene delle strutture ospedaliere africane, dove difficilmente gli aghi sono monouso o adeguatamente sterilizzati e dove possedere un autoclave è considerato un lusso: tuttavia alcuni esperti sostengono che il virus possa aver subito una mutazione genetica che ne abbia rinforzato la resistenza. Per questo motivo, sia l'Oms, i Presidenti delle Nazioni Africane colpite e la Commissione Europea, hanno annunciato lo stanziamento di fondi per la ricerca di un vaccino, ricerca che finora non ha dato risultati particolarmente incoraggianti.
Intanto, il panico si diffonde tra le popolazioni: la compagnia aerea Emirates ha sospeso i voli per la Guinea e si ha paura che qualche persona infetta sia salita su qualche volo diretto negli States o in Europa. In realtà ad essere rientrato in patria, precisamente ad Atlanta, è il medico 33enne Kent Brently, che ha contratto il virus in Africa occidentale e che è stato rimpatriato per ricevere assistenza. La prossima a sbarcare sarà la seconda persona infettata, Nancy Writebol. Le autorità assicurano che non ci sono pericoli per la popolazione: non siamo quindi di fronte ad una pandemia, ma occorre sicuramente alzare i livelli di guardia e gli standard di cure delle strutture mediche africane, a tutela della salute globale del Pianeta.