(Articolo pubblicato sul quotidiano Pagina99). Jean Claude Juncker davanti a Martin Schulz, di più di venti seggi - 212 a 187 secondo le ultime stime - e soprattutto Marine Le Pen e Nigel Farage davanti a tutti a casa loro, in Francia e Regno unito. Il voto europeo indica che dovrà essere il leader dei popolari a provare per primo a creare una maggioranza che lo porti a insediarsi sulla poltrona di José Manuel Durao Barroso, a cui peraltro l'ex premier lussemburghese non pare particolarmente attaccato. "Spetta a noi", ha affermato Juncker rivendicando la vittoria. In caso di insuccesso, toccherà al socialdemocratico tedesco e poi, eventualmente, al liberale belga Guy Verhofstadt, fermo a 72 deputati ma ben deciso a sfruttare il suo ruolo di outsider in caso di impasse tra i due maggiori partiti. Ma al di là della battaglia per la Commissione, gli elettori della Ue - per la prima volta non in calo, ma stabili - hanno mandato un nuovo messaggio chiaro di censura a chi ha governato la crisi, premiando in massa - anche se non dappertutto - le forze euroscettiche e populiste e mettendo le ali anche a chi, come Alexis Tsipras in Grecia, l'euro e l'Europa non li vogliono abolire, ma sicuramente riformare con decisione. I partiti pro-europei che hanno gestito la crisi, dai popolari ai socialisti passando per i liberali, rimangono la maggioranza nell'emiciclo - hanno al momento 471 seggi su 751, pari al 62% degli eurodeputati - ma perdono ovunque consensi. A parte il caso Germania (il partito anti euro ed i neonazi vanno a Strasburgo, ma CDU ed SPD tengono alla grande), in tutta Europa le grandi famiglie politiche calano vistosamente. O lo fanno in alternanza, i socialisti in Francia mentre l'UMP tiene, conservatori e liberali al tappeto in Gran Bretagna e i laburisti che si salvano dal ciclone UKIP, Forza Italia ai minimi e il PD alle stelle, o perdono a braccetto, come PP e PSOE in Spagna, incapaci, per la prima volta dal ritorno della democrazia, di raccogliere il 50% dei voti. Risultato: gli estremi crescono e appare chiaro che l'eurocamera potrà essere governata solo mantenendo la barra del timone al centro, con una grande coalizione.
Addio alle maggioranze che nelle scorse legislature si creavano a sinistra dei popolari, dai liberali alla sinistra unitaria passando per socialisti e verdi, soprattutto nei temi quali la difesa dei diritti civili e l'immigrazione. Con i dati di oggi, non arrivano più alla metà più uno dei seggi. Per fare maggioranza a destra, il PPE dovrebbe chiedere il sostegno degli eurocritici dei conservatori, degli euroscettici del EFD, l'Europa della libertà e la democrazia, la casa dell'UKIP di Nigel Farage e del nuovo gruppo populista, anti-euro e xenofobo che a breve Marine Le Pen terrà a battesimo a Strasburgo. Ipotesi difficile se non impossibile da digerire per molte delegazioni popolari, ed anche se ci fosse la digestione, anche così la destra non andrebbe lontano, vista che anche in questo caso i numeri sembrano scarseggiare. Per avere una mappa completa del prossimo Parlamento europeo bisogna comunque attendere che i 39 non iscritti, tra cui figurano i 24 rappresentanti del Front National, ed i 63 neodeputati indicati come "altri", decidano se fare famiglia o se chiedere l'adesione a uno dei gruppi già esistenti. Un numero mai così corposo, figlio anche questo dei grandi scossoni politici verificatesi in Europa negli ultimi anni. Il movimento più interessante ed atteso è chiaramente quello che riguarda la nascita di un gruppo di estrema destra, che si chiamerà probabilmente Alleanza Europea per la Libertà, Eaf nell'acronimo inglese, forte dei deputati della Le Pen, di quelli di Geert Wilders in Olanda, finito terzo, della Lega Nord, del FPO austriaco, del Vlaams Belang belga e di qualche altro cane sciolto (ci vogliono 25 deputati da 7 paesi diversi per mettere su casa). Mercoledì è prevista una conferenza stampa della Le Pen a Bruxelles, preceduta da una riunione in cui verrà pianificata la nascita di questa nuova creatura politica. Altra incognita pesante è quella del futuro del Movimento 5 Stelle, ci sono stati contatti con l'UKIP di Farage e con i verdi, ma nulla è ancora stato deciso. Il primo, iconoclasta, sembra più affine a Grillo, mentre Casaleggio potrebbe preferire i verdi, sempre che questi ultimi accettino un partito che non ha proprio le stesse posizioni su temi sensibili, quali l'euro e l'immigrazione. Matrimonio invece già quasi fatto tra Podemos, la grande sorpresa del voto spagnolo, partito nato a gennaio e capace di portare 5 deputati a Strasburgo, e la sinistra unitaria del GUE, che dovrebbe ricevere anche i deputati dell'Altraeuropa per Tsipras.