
E insomma, tanto tuonò che piovve si direbbe. Elsa Fornero, una che non perde mai il vizio di esternare tutta la docilità padronale di cui è in possesso, ci è ricascata, anzi ha ancora una volta esasperato un sentimento comune a molti italiani, troppo sensibili al richiamo del facile ammonimento. E lo ha fatto con un argomento di facile presa: i dipendenti pubblici. I lavoratori pubblici, questi cattivi. Nessuno li ama, tutti li evitano: e piovono gli attacchi, da destra e manca, da carta e web, a questa "casta" (?) sprecona ed inefficiente.
"Quello dei dipendenti pubblici non è un mercato, perchè ci sono regole diverse" - afferma il ministro, - "Mi auguro però che qualcosa di simile a quello fatto per i dipendenti privati, relativamente alla possibilità di licenziare, sia inserito nella delega anche per i dipendenti pubblici". Dunque, un passo deciso verso la liberalizzazione dei licenziamenti nel pubblico impiego. Il motivo? Abbattimento dei costi ed avvicinamento progressivo col settore privato.
Ora bisognerebbe sottolineare, in primo luogo, che la nostra PA non è nemmeno tra le più onerose: il risparmio maggiore infatti, in quest'Europa tartassata dalla moneta unica, è dato soprattutto dalla forma di governo. Ad assicurare la massima efficienza sono infatti i paesi federali (ad esempio, la Germania su tutti, ma anche i cugini d'Austria), laddove gli enti locali hanno a disposizione anche un numero maggiore di risorse in conseguenza di un minore carico tributario. Regola, poi, suscettibile di deroghe, visto che anche la Spagna, con le sue Comunidad autonome, spende più dell'Italia nell'impiego pubblico.
In secondo luogo, quale assurda ragione di politica economica può mai imporre anche solo idealmente un avvicinamento tra il pubblico impiego e quello privato? Lo so, questo capitalismo sfrenato ed affamante mi direte, ed è vero. Ma è altrettanto palese la "longa manus" di questi pericolosi figuri sulle funzioni pubbliche, e soprattutto sulla volontà di privatizzarle. Già Brunetta aveva esasperato quella strategia comunicativa, tipica della destra conservatrice, che colpevolizza invariabilmente il cittadino. I lavoratori pubblici sono fannulloni, gli sportellisti inaffidabili, persino i responsabili della sicurezza panzoni e impresentabili, e via così tutto filato in una caricatura continua di ogni Fantozzi italiano. Imponendo addirittura il telelavoro per i malati con "patologie gravi che richiedono terapie salvavita anche di lunga durata", con una circolare del 2009. Certo, il discorso sulla "casta", questa maledetta "casta", che sembra essere il prezzemolo di ogni minestra, buona per ogni stagione.
Forse ci si dimentica che tutte le spese che sosteniamo per l'amministrazione pubblica servono a finanziare la didattica, la sanità (che per fortuna è ancora pubblica), i servizi ai cittadini, il trasporto, per quanto manchevoli o carenti essi possano essere. Il punto non è sugli sprechi, ma sull'ideologia che si vuole imporre su certi meccanismi funzionali di questo paese. Riuscite davvero ad immaginare che, se davvero si liberalizzasse la disciplina dei licenziamenti pubblici, questi signori avrebbero carta bianca per fare scempio di qualsiasi simulacro di carattere collettivistico? Ve l'immaginate l'università in mano a questi alfieri del "privato", che dal dopoguerra ad oggi non hanno investito un solo centesimo nella macchina statuale, pretendendo financo di essere "salvati" quando si sono trovati con l'acqua alla gola?
Mi preme un'ultima riflessione, su un argomento che trovo al contempo grottesco, curioso ed eticamente schifoso. Fateci caso, chi è che strombazza, a man bassa, degli sprechi di questa "casta" degli amministratori pubblici, dei lavoratori statali? Molto spesso giornali di grido, prodotti cartacei di gruppi editoriali sterminatamente ricchi. Cui, evidentemente, non bastano i miliardi dei loro patroni. Fateci caso: mentre vi "illuminano" scientemente sugli sprechi della casta, nel trafiletto accanto si lamentano dell'azzeramento dei contributi pubblici all'editoria. E chiedono, questa volta molto riverentemente, la loro mancetta. Guai a chiamarli sprechi! Servono a finanziare l'ennesimo scoop su Belen, o recensioni infinite grondanti plausi per libri che nessuno dovrebbe leggere, o l'ennesima crociata contro i lavoratori pubblici. E per uno scherzo crudele, saranno proprio i soldi di questi lavoratori che la finanzieranno, magari scovati dall'ennesimo taglio ai loro stipendi: finiti altrove chissà per chi, chissà perchè.