
Un boato, e poi l'inferno: per 90 secondi la terra trema con una potenza pari a 6,9 di magnitudo della scala Richter. Nel buio della notte palazzoni diventati improvvisamente di cristallo, strade dilaniate, grida di terrore. Non si capì subito che cosa fosse successo. Molti ricordano che soccorsi furono difficoltosi e lenti, l'area appena colpita dal sisma rimase isolata e non si capì da subito quanto ingenti fossero i danni, quanto alto fosse il numero delle vittime. Le linee elettriche e telefoniche saltarono, la circolazione ferroviaria si arrestò completamente e la penisola si spaccò in due. La gente in preda al panico fuggì in massa con l'auto bloccando involontariamente le principali arterie stradali che consentivano il deflusso del traffico. Tremila furono i morti, trecentomila gli sfollati. Una carneficina dapprima sottovalutata.
Quante storie dolorose ascoltate in questi anni, di ciascun irpino, salernitano, napoletano, campano, meridionale culminate quest'anno in tante manifestazioni e iniziative che lasciano spazio ad un doveroso ricordo che fa ancora male.
La paura che oggi si continua a provare deve essere incanalata però nella giusta direzione. Il timore che qualcosa del genere possa ripetersi deve essere la spinta a realizzare con intelligenza un lavoro di prevenzione, e a non ripetere gli stessi errori, a stare all'erta, ma con razionalità. Lo ha detto infatti il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ricorda questa data pensando a cosa si può fare prima. Il Capo dello Stato, scrivendo una lettera al presidente della Regione Campania, della Puglia e della Basilicata, ha esortato a "sviluppare una cultura della previsione e della prevenzione", affinchè si possa agire in tempo sulle calamità naturali "che sono sempre molto frequenti". Lo dobbiamo a tutti coloro che morirono da innocenti sotto le macerie.
(foto da il manifesto.it)