Barcellona. Colonia, comunità autonoma, Stato vero e proprio: negli anni gli attriti e i dissapori con Madrid capitale hanno caratterizzato la vita della Catalogna, comunità nord-orientale della Penisola iberica, che lo scorso week-end è tornata alle urne - come accaduto già nel 2012 - per decidere delle propria indipendenza. Il popolo catalano, che è di circa 7 milioni e mezzo di abitanti e si suddivide in 4 province - Barcellona, Girona, Lleida e Tarragona - ha un passato ricco di storia ma anche di soprusi da parte dello Stato di cui fa parte: con una propria lingua - il catalano - e una culla di storie e tradizioni che lo rendono il paese più esteso tra quelli di lingua catalana, esprime posizioni indipendentistiche da secoli, posizioni coltivate da una classe dirigenziale colta ed illuminata. Il movimento indipendentista catalano si inserisce nell'alveo di quei movimenti di indipendenza territoriale in cui ritroviamo la Scozia o i Paesi Baschi ed in cui difficilmente ritroveremo le "mire" territoriali dei leghisti italiani. I catalani rivendicano con orgoglio la propria tradizione e ricordano ancora con odio il periodo del franchismo, quando esprimersi nella loro lingua veniva considerato un reato perseguibile. Le origini storiche della loro autonomia da Madrid risalgono addirittura al 987 quando Barcellona rifiutò la sottomissione al Re di Francia Ugo Capeto e prosegue con la Monarchia spagnola, che concesse alla Catalogna la possibilità di auto-gestirsi con un governo proprio, la Generalitat. Attualmente, secondo il suo Statuto, la Catalogna si auto-dichiara nazionalità. Il suo peso all'interno della Monarchia spagnola è tutt'altro che irrilevante: il 16% della popolazione vive in Catalogna e soprattutto da questo Stato proviene il 20% del Pil nazionale. Un dato che ha presente sicuramente il Premier ed esponente del Partito Popolare Mariano Rajoy, che ha mostrato intransigenza sulla questione secessionista, minacciando addirittura di inviare carri armati in Catalogna. Peccato che le urne abbiano sconfessato questa ipotesi: il fronte per l'indipendenza, guidato da Artur Mas, Presidente della Regione, in coalizione con i radicali di sinistra del Cup, ha ottenuto 72 seggi su 135, con una percentuale di votanti che si attesta però al 47,8%, su un affluenza totale di votanti del 77%. Ciò significa che il referendum ha riscosso un grande successo ma non ha ottenuto una investitura popolare piena, tale da legittimare la richiesta di secessione da Madrid. Lo stesso Rajoy ne è uscito estremamente indebolito: per la sua coalizione soltanto 11 seggi, contro i 25 del movimento unionista di centro-destra "Ciudadanos", che si conferma come seconda forza politica della Regione ed espressione di quei cittadini che non desiderano l'indipendenza. Solo 16 i seggi del Partito socialista. Questo esito incerto, non ha trattenuto Mas dal fare proclami trionfalistici su una futura indipendenza "unilaterale": le implicazioni di una probabile secessione però hanno contorni ancora poco definiti. Basti pensare al fatto che, proclamando la sua indipendenza, la Catalogna risulterebbe fuori dallo Stato spagnolo ma anche dall'Unione Europea e dall'area Euro. L'uscita dall'Euro potrebbe creare problemi di investimenti e di liquidità di denaro simili a quelli che si sono verificati in Grecia pochi mesi fa. A Bruxelles, infatti, la questione tiene col fiato sospeso molti leader europei, specie Inglesi e Francesi, che vivono situazioni medesime e che pertanto hanno appoggiato la causa del no. Inoltre, la idolatrata squadra calcistica del Barcellona, che raccoglie molto più del semplice consenso dei tifosi - tanto che il suo pay-off è "mès que un club", "più che una squadra" - non potrebbe partecipare al campionato della Liga spagnola, poiché secondo il regolamento risulterebbe la squadra di un'altra nazione, andando ad intaccare così interessi e giri di affari multimilionari. Per la Catalogna il percorso verso l'indipendenza non sarebbe così agevole come prefigurato da Mas: è vero che ci sarebbe una distribuzione di tasse e profitti sul solo territorio catalano, stimata in un gettito immediato di 16 miliardi, ma è anche vero che ci sarebbero costi da sostenere molti più gravosi di quelli attuali, come quelli per la difesa. Tuttavia molti esperti di economia, tra cui quelli del Wall Street Journal, parlano di una secessione possibile se preparata con accordi e realizzata con tempi congrui, che non possono essere quelli immediati. L'unico risultato che queste elezioni avrebbero dovuto produrre nell'immediato avrebbe dovuto essere quello di un margine di consenso maggiore da parte di Mas per avviare un nuovo dialogo con il governo madrileno. Le notizie dell'ultima ora però, smentiscono anche questa opzione: Mas, con il disappunto di molti è stato ufficialmente accusato di "disobbedienza", abuso di potere e appropriazione indebita di fondi pubblici. Le accuse sono riconducibili ai fatti verificatisi in occasione del referendum per l'indipendenza catalana convocato nel 2014 e dichiarato illegale dalla Corte Costituzionale iberica. Mas rischia, se dichiarato colpevole, il pagamento di una multa, la reclusione o l'interdizione dai pubblici uffici. Sono in molti tra gli indipendentisti a gridare al "processo politico": così Arturo Mas si ritrova a dover affrontare un'ulteriore grana, oltre alla già difficile mediazione con Governo e alleati. C'è chi però in Catalogna vive già da tempo la sua personale sfida contro Madrid ed è la piccola cittadina di Gallifa. 215 abitanti che già da tre anni si considerano indipendenti e si rifiutano di versare i 1.600 euro di servizi allo Stato Centrale: tale denaro viene infatti dato all'Agenzia catalana delle Imposte, affinché venga utilizzato per lo "Stato della Catalogna". Gallifa si definisce fieramente il primo paese totalmente "despagnolizzato" e ha autoproclamato la sua sovranità fiscale in attesa che accada per il resto della Catalogna. Per la Spagna la questione dell'indipendenza catalana non è soltanto folklore: è una delle questioni socio-politiche più importanti a partire dalla caduta della dittatura di Franco. Questo spiega perché la popolazione ne è infervorata. Alle preoccupazioni degli iberici si uniscono quelle degli europei che attendono di sapere chi la spunterà in questo braccio di ferro che fa tremare i polsi, perché potrebbe cambiare le sorti e la geografia del vecchio Continente.
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Donald Trump sta sfidando le peggiori categorie più consolidate della politica tradizionale,
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