
Stoccolma. Più che la vittoria della sbiadita coalizione di centrosinistra, a far notizia anche in Svezia è l'avanzata prepotente nelle elezioni politiche dell'estrema destra nazionale. Sverigedemokraterna (DS) ha infatti ottenuto il 12,9% delle preferenze, dopo il misero 5,7 accumulato soltanto quattro anni fa. Un risultato che sembra persino mettere in ombra il 31,3% col quale l'opposizione socialdemocratica ha sbancato le politiche, battendo il primo ministro conservatore Fredrik Reinfeldt. Quasi una vittoria di Pirro quella del leader Stefan Löfven perché ottenuta con il numero di preferenze più basso della storia elettorale svedese: circostanza che spingerà il Primo Ministro in pectore alla formazione di un Governo di coalizione, probabilmente con altre forze progressiste del paese quali i Verdi. Soltanto così, infatti, i socialdemocratici possono sperare di avere la maggioranza dei seggi rispetto allo sconfitto centrodestra, al netto del risultato e del ruolo potenziale degli xenofobi di DS. Quest'ultima, infatti, era stata esclusa alla vigilia, almeno a parole, dai principali contendenti per ciò che riguardava i giochi di Governo. Eppure, solo qualche settimana prima l'ex Premier Reinfeldt aveva difeso il diritto di manifestazione di Svenskarnas Parti, partito locale di evidente matrice neonaziosta. Tanto che, a fine Agosto, la protesta inscenata a Malmöe da movimenti antifascisti ed antirazzisti era stata duramente osteggiata dalla polizia. A discapito delle ricerche e degli studi che indicano la Svezia come una delle nazioni più felici al mondo, infatti, la sperequazione sociale ed i meccanismi di aggressione del capitale industriale e finanziario sembrano aver acuito ancor più le tensioni all'interno della società scandinava. Il capitalismo nordico teorizzato da Myrdhal, liberato dalla fiducia cieca nel laissez-faire e sceso a patti con la socialdemocrazia moderata e la sinistra non comunista, aveva garantito anche alla classe lavoratrice suburbana un tenore di vita più accettabile che altrove. Ma le ristrutturazioni economiche avviate a partire dai primi '90 dai governi anche progressisti hanno contribuito al ritorno in auge dello stesso liberismo ortodosso ripugnato sul tramonto degli anni '20 del secolo scorso. La tumultuosa protesta del Maggio 2013 degli abitanti dei sobborghi di Stoccolma, una delle città più ricche d'Europa, fu infatti soltanto la punta dell'iceberg. I numerosi immigrati che popolano le povere bainlieue della capitale svedese misero infatti a nudo le profonde lacune di un sistema di giustizia sociale sempre più teso alla promozione delle privatizzazioni ed alla ristrutturazione delle politiche di lavoro, e sempre più aperto di conseguenza alle degenerazioni razziste. L'uccisione di un 69enne nel sobborgo di Husby fu la risposta infuocata della polizia e del Governo alle voci levatesi da uno dei ghetti più poveri del continente. Ora sarà con ogni probabilità la Grosse koalition progressista a garantire la continuità dell'agenda neoliberista.