Bangkok. Una nuova Carta Costituzionale è stata adottata in Thailandia in seguito al referendum indetto dalla giunta militare al potere nel paese dopo il colpo di Stato del 2014. Alle urne erano chiamati circa 50 milioni di aventi diritto, ma a votare è stato poco più del 55%: il 60% circa dei votanti ha accordato la sua preferenza al nuovo testo voluto dal regime guidato dal generale Prayuth Chan-ocha. Controversa e movimentata è anche la storia costituzionale del paese, oltre a quella politica: uscita dalle sabbie mobili dell'assolutismo monarchico solo nel 1932, la Thailandia ha poi affrontanto una corposa serie di golpe e rovesci militari, che hanno portato all'adozione di ben 20 diversi testi fondamentali. Proprio sull'ultimo, il ventunesimo, si sono appuntate le critiche delle opposizioni, tra tutti il Pheu Thai Party, e degli osservatori internazionali. Il Washington Post ha definito il referendum costituzionale una vera e propria farsa, funzionale alla deriva autocratica ed antidemocratica del paese e quindi a foraggiare ulteriormente la propaganda della giunta militare. L'autonomia decisionale del Parlamento è stata di fatto abolita con il golpe del 2014. Sebbene la nuova Costituzione preveda il ripristino della "Camera bassa" con 500 membri, al tempo stesso ne riduce l'incidenza con l'elisione del sistema di votazione proporzionale in ottica antipluralista. L'altro quesito referendario prevedeva, poi, la facoltà per il Senato non eletto di designare il Primo Ministro. Nient'altro che una certificazione formale dell'autoritarusmo che imperversa da ormai un biennio nel paese asiatico. All'indomani del voto, il generale Prayuth Chan-ocha ha ufficializzato la data delle prossime elezioni, fissate nel novembre 2017.