Secondo appuntamento con le "pillole" di Referendum. La scorsa volta si è illustrato il nodo centrale della Riforma Boschi, ossia la trasformazione del Senato e di come questa si rifletta a cascata sugli altri organi previsti dalla Costituzione. Uno di questi è senza dubbio il Presidente della Repubblica, la figura che più di tutte incarna l'Unità nazionale. L'elezione di Sergio Mattarella avvenuta con 665 voti al quarto scrutinio lo scorso 31 Gennaio 2015, dopo le dimissioni del Presidente Giorgio Napolitano, al suo secondo mandato, ha reso evidente la situazione di difficoltà in cui versa il Parlamento intero eletto con l'Italicum, peraltro giudicato incostituzionale. Le funzioni del Presidente della Repubblica, secondo la Costituzione vigente che ne disciplina la figura negli articoli da 83 a 91, si collocano al di sopra dei tre poteri dello Stato e suo dovere è quello di riequilibrare i rapporti tra gli altri organi costituzionali e di garantire il rispetto della Costituzione. Esso nello specifico ha la facoltà di indire le elezioni di Camera e Senato, nominare il Governo, concorrere in parte alla formazione del Senato, nominando 5 Senatori a vita, eleggere 1/3 dei Giudici della Corte Costituzionale, presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura e sciogliere anticipatamente le Camere sentiti i Presidenti di entrambe.
Il Presidente, inoltre, esercita parte delle tre funzioni statali: legislativa, amministrativa e giurisdizionale. La funzione legislativa si concretizza nella sua facoltà di inviare messaggi alle Camere facendo conoscere il suo punto di vista su una determinata problematica, autorizzare i disegni di legge prima che vengano presentati alla Camera e promulgare le leggi, arrivando anche a sospenderle, per il massimo di una volta, se queste risultano lesive delle esigenze degli Italiani. Quella amministrativa prevede il compito di nominare il Primo Ministro e i singoli Ministri, su proposta di questo, di ratificare i trattati internazionali, di presiedere il Consiglio Supremo di difesa e di comunicare lo stato di guerra deliberato dal Parlamento, di nominare i comandanti generali delle Forze Armate, di conferire le onorificenze e di accreditare rappresentanti e diplomatici degli altri Stati. Infine, la funzione giurisdizionale gli consente di poter concedere la grazia o una commutazione di pena. La Riforma Boschi non va ad incidere sulle funzioni del Presidente della Repubblica, che restano praticamente immutate, ma sulle modalità della sua elezione. Vediamo nello specifico: la Costituzione prevede che l'elezione del Presidente avvenga in seduta comune, con l'aggiunta di tre delegati inviati da ogni Regione tranne la Valle D'Aosta, che ha diritto soltanto ad uno, per un totale di 59 delegati. L'elezione avviene a maggioranza qualificata - ossia con i voti di 2/3 dell'Assemblea - nelle prime 3 votazioni. Dalla quarta in poi, se non si raggiunge l'accordo si passa alla maggioranza assoluta, cioè la metà + 1 dei votanti. Se la Riforma dovesse andare in porto il Capo dello Stato verrebbe eletto soltanto da Camera e Senato, essendo questo già espressione delle Regioni. Fino al quarto scrutinio sarebbe necessario raggiungere i 2/3 dei voti, poi i 3/5 dell'Assemblea fino al settimo e infine, i 3/5 dei votanti.
Gli attuali Senatori a vita, ovvero gli ex Presidenti della Repubblica e alcune personalità che con i loro meriti hanno fatto grande l'Italia, si estingueranno gradualmente: infatti il Presidente della Repubblica ne potrà nominarne 5, ma costoro rimarranno in carica soltanto per 7 anni. I detrattori della riforma non contestano la modifica delle modalità di elezione del Capo dello Stato ma la collocazione dei nuovi Senatori e il loro numero. In un Senato di 315 elementi, 5 Senatori eletti dal Capo di Stato rappresentavano un numero equilibrato mentre in un assise di 100 eletti essi risultano spropositati (in proporzione è come se nell'attuale Senato ce ne fossero 17). Il rischio è quello di creare una sorta di piccolo partito espressione della volontà del Presidente della Repubblica, con un peso triplicato e legato a doppio filo alle sorti di ogni Presidente entrante, che li eleggerebbe ad ogni inizio di mandato. Inoltre, ai fautori del No non è molto chiara la funzione dei 5 all'interno del nuovo Senato, che non è più, come la Camera, avente funzioni di rappresentanza generale del popolo italiano, ma che è concepito piuttosto come espressione delle autonomie Regionali.