Sono state centinaia di migliaia le persone scese nelle principali piazze d'Europa lo scorso 14 Novembre, per protestare contro le politiche di rigore imposte dai vari governi nazionali, in applicazione delle misure di austerity decise sul piano comunitario. Trasporti fermi, eterogeneità delle forze sociali in piazza, scontri con le forze dell'ordine: questi gli ingredienti che hanno scandito la giornata di mobilitazioni ed un calendario di impegni che per l'Unione diventa sempre più fitto e complicato. Stupisce, in primis, che siano proprio numerosi economisti a sottolineare, ora, il carattere "indiscriminato" ed "estremo" di simili misure, che loro stessi, sino a non molto tempo fa, consideravano come condicio sine qua non per il nuovo boom delle finanze nazionali. Del resto, non costituisce certo una "pericolosa rivelazione" la scoperta di liaisons poco raccomandabili tra alcuni di questi solerti interpreti della professione, molto spesso ospiti di trasmissioni diffuse ed affollate, ai limiti del battage, o anche estensori di pervicaci editoriali, ed il mondo delle grandi banche e della finanza speculativa, portati alla luce dai lavori recenti di alcuni studiosi francesi.
Il fatto vero, piuttosto, consiste nell'ufficializzazione dei dati di salute delle varie economie nazionali da parte della stessa Banca Centrale Europea, attraverso il suo bollettino periodico. La novità è non tanto che gli Stati dell'Europa mediterranea continuino ad essere in recessione ed a vedere progressivamente calare la proprie stime, così come che mercato del lavoro e tasso di disoccupazione forniscano un quadro che definire da Grand Guignol è poco, quanto piuttosto che lo stesso Pil della vituperata Germania sia, secondo un report Eurotower, in flessione. Un dato forse sorprendente, ma nemmeno troppo. In primis perchè molti dei clienti dell'export tedesco sono stati funestati dalla crisi economica targata col rigore made in Ue. In secundis, ed è motivo generale e principale, perchè questa flessione riflette un andamento tendenziale, diretta conseguenza di un sistema criminoso, concepito anni or sono, che obbliga gli Stati ad abdicare alla gestione di una politica monetaria del tutto autonoma e insuscettibile di ingerenze.
Non stupisce pertanto che, allo stato, l'unico paese in grado di dispensare sorrisi (in questo breve periodo) sia la Francia, pronta ad assumere il ruolo di guida trainante dell'Unione. Una leadership che potrebbe presto produrre i suoi primi risultati, di certo non lusinghieri. Per due ordini di ragioni. In primo luogo perchè, come reso noto dalla Corte dei Conti Europea, le missioni militari dell'Unione si stanno rivelando un flop pazzesco, specie quella in Kosovo, per ragioni che vanno ricondotte a "inefficacia degli aiuti europei, sperpero finanziario, ed evidente mancanza di mezzi umani". Secondo e più importante motivo, direttamente collegato al primo: l'Europa sarebbe entrata nell'ordine di idee, malgrado le inefficienze anzidette e l'impotenza endemica della sua azione internazionale, di intervenire militarmente nel prossimo futuro. E non in Siria, bensì, come fatto trapelare Oltralpe, in Mali, dove proprio i francesi possono vantare numerosi interessi. In tal caso le truppe sarebbero costituite da miliziani rigorosamente africani, con i contingenti europei chiamati ad un semplice compito di supervisione e supporto strategico (ottenendo, così, un notevole risparmio di risorse). Storicamente, si sa, le guerre hanno rappresentato la panacea di moltissimi mali per il capitalismo balbettante in molti paesi dell'Occidente politico, come già ebbe a tratteggiare Jaures, soprattutto, oggi, per la potente spinta a prezzi ed inflazione veicolata dai profitti del greggio. Si tratterebbe, dunque, di un modus operandi del tutto ordinario, anche in questo caso. Anche per la poco scrupolosa Unione Europea, sin da ora pronta ad avallare, come già fatto da Obama, il massacro israeliano in atto nella Striscia di Gaza. Scene da Nobel per la Pace.
Il fatto vero, piuttosto, consiste nell'ufficializzazione dei dati di salute delle varie economie nazionali da parte della stessa Banca Centrale Europea, attraverso il suo bollettino periodico. La novità è non tanto che gli Stati dell'Europa mediterranea continuino ad essere in recessione ed a vedere progressivamente calare la proprie stime, così come che mercato del lavoro e tasso di disoccupazione forniscano un quadro che definire da Grand Guignol è poco, quanto piuttosto che lo stesso Pil della vituperata Germania sia, secondo un report Eurotower, in flessione. Un dato forse sorprendente, ma nemmeno troppo. In primis perchè molti dei clienti dell'export tedesco sono stati funestati dalla crisi economica targata col rigore made in Ue. In secundis, ed è motivo generale e principale, perchè questa flessione riflette un andamento tendenziale, diretta conseguenza di un sistema criminoso, concepito anni or sono, che obbliga gli Stati ad abdicare alla gestione di una politica monetaria del tutto autonoma e insuscettibile di ingerenze.
Non stupisce pertanto che, allo stato, l'unico paese in grado di dispensare sorrisi (in questo breve periodo) sia la Francia, pronta ad assumere il ruolo di guida trainante dell'Unione. Una leadership che potrebbe presto produrre i suoi primi risultati, di certo non lusinghieri. Per due ordini di ragioni. In primo luogo perchè, come reso noto dalla Corte dei Conti Europea, le missioni militari dell'Unione si stanno rivelando un flop pazzesco, specie quella in Kosovo, per ragioni che vanno ricondotte a "inefficacia degli aiuti europei, sperpero finanziario, ed evidente mancanza di mezzi umani". Secondo e più importante motivo, direttamente collegato al primo: l'Europa sarebbe entrata nell'ordine di idee, malgrado le inefficienze anzidette e l'impotenza endemica della sua azione internazionale, di intervenire militarmente nel prossimo futuro. E non in Siria, bensì, come fatto trapelare Oltralpe, in Mali, dove proprio i francesi possono vantare numerosi interessi. In tal caso le truppe sarebbero costituite da miliziani rigorosamente africani, con i contingenti europei chiamati ad un semplice compito di supervisione e supporto strategico (ottenendo, così, un notevole risparmio di risorse). Storicamente, si sa, le guerre hanno rappresentato la panacea di moltissimi mali per il capitalismo balbettante in molti paesi dell'Occidente politico, come già ebbe a tratteggiare Jaures, soprattutto, oggi, per la potente spinta a prezzi ed inflazione veicolata dai profitti del greggio. Si tratterebbe, dunque, di un modus operandi del tutto ordinario, anche in questo caso. Anche per la poco scrupolosa Unione Europea, sin da ora pronta ad avallare, come già fatto da Obama, il massacro israeliano in atto nella Striscia di Gaza. Scene da Nobel per la Pace.