Negli ultimi giorni, una delle più ripetute capriole di stile dei quotidiani nazionali è stata senza alcun dubbio la ricostruzione, il più delle volte divertita, dei repentini cambi di umore di Silvio Berlusconi. Sulla volontà o meno di candidarsi alla prossima tornata come Presidente del Consiglio, sull'adesione o no ad un eventuale progetto per le primarie del partito, sulla stesura o meno di un codice delle regole, sul ruolo che all'interno della formazione avrebbe ricoperto Angelino Alfano, dapprima erede designato e il giorno dopo detronizzato. Ma il tempo delle battute, scandito a colpi di analisi e corsivi, ha il più delle volte acquisito il tono surreale del comico d'avanspettacolo, in piena simbiosi col ventennio cultural-televisivo del suo protagonista.
Gira e rigira, però, il Cavaliere calviniano riesce con qualunque mezzo a mettere, sempre, i suoi piedi sulla scena. Nonostante la sua desiderata, declamata, avvenuta, celebrata fine politica. Il Berlusconi vivo (politicamente parlando) sebbene agonizzante degli ultimi anni è servito a tutti gli avversari come bersaglio preferenziale per l'accumulazione di responsabilità che, lungi dall'essere risolte, individuavano la loro genesi storica in assetti di potere sovranazionali che, soltanto in ultima istanza, hanno provocato il crollo dell'impalcatura politico-istituzionale caratteristica della Seconda Repubblica. Una polverizzazione soltanto di recente confermata dall'esito delle elezioni siciliane. Il Berlusconi politico, meschino ed infido quanto bastava, pragmatico e cinico come solo il Berlusconi imprenditore, quell'uomo capace di tenere sotto scacco un intero paese per circa un ventennio, e di essere la calamita naturale di attenzioni, panegirici ed improperi che nemmeno un Fuhrer all'ennesima esaltazione della razza ariana, si vede ora scaricato e mediaticamente malmenato in una deriva tipicamente totalitaria, secondo un understatement esemplarmente paradigmatico del Secolo Breve.
Soltanto nei confronti di un pugile alle corde, com'è l'attuale Eliogabalo, un personaggio come Mario Monti può addirittura risplendere di luce propria, dando così un tocco di colore alla patina ingrigita della sua immagine. E magari contribuire, approfittando di uno svuotamento collettivo di energia di giudizio, a seppellire una verità storica che vede il centrosinistra tutto partecipe e complice non soltanto dell'ascesa al potere del banchiere di Goldman Sachs e del sostegno a questi (do you remember, Bersani?), non soltanto della interminabile parentesi dell'uomo di Arcore, ma anche della recente, insufficiente resurrezione di quest'ultimo (do you remember, Veltroni?). Quello stesso schieramento che si prepara ora a sfidare il "Professore", dopo averlo a lungo sostenuto nella sua macelleria, potendo contare, tra i suoi uomini di punta, su uno degli allievi più brillanti della infida ed inaffidabile scuola politica berlusconiana. Do you remember, Renzi?
Gira e rigira, però, il Cavaliere calviniano riesce con qualunque mezzo a mettere, sempre, i suoi piedi sulla scena. Nonostante la sua desiderata, declamata, avvenuta, celebrata fine politica. Il Berlusconi vivo (politicamente parlando) sebbene agonizzante degli ultimi anni è servito a tutti gli avversari come bersaglio preferenziale per l'accumulazione di responsabilità che, lungi dall'essere risolte, individuavano la loro genesi storica in assetti di potere sovranazionali che, soltanto in ultima istanza, hanno provocato il crollo dell'impalcatura politico-istituzionale caratteristica della Seconda Repubblica. Una polverizzazione soltanto di recente confermata dall'esito delle elezioni siciliane. Il Berlusconi politico, meschino ed infido quanto bastava, pragmatico e cinico come solo il Berlusconi imprenditore, quell'uomo capace di tenere sotto scacco un intero paese per circa un ventennio, e di essere la calamita naturale di attenzioni, panegirici ed improperi che nemmeno un Fuhrer all'ennesima esaltazione della razza ariana, si vede ora scaricato e mediaticamente malmenato in una deriva tipicamente totalitaria, secondo un understatement esemplarmente paradigmatico del Secolo Breve.
Soltanto nei confronti di un pugile alle corde, com'è l'attuale Eliogabalo, un personaggio come Mario Monti può addirittura risplendere di luce propria, dando così un tocco di colore alla patina ingrigita della sua immagine. E magari contribuire, approfittando di uno svuotamento collettivo di energia di giudizio, a seppellire una verità storica che vede il centrosinistra tutto partecipe e complice non soltanto dell'ascesa al potere del banchiere di Goldman Sachs e del sostegno a questi (do you remember, Bersani?), non soltanto della interminabile parentesi dell'uomo di Arcore, ma anche della recente, insufficiente resurrezione di quest'ultimo (do you remember, Veltroni?). Quello stesso schieramento che si prepara ora a sfidare il "Professore", dopo averlo a lungo sostenuto nella sua macelleria, potendo contare, tra i suoi uomini di punta, su uno degli allievi più brillanti della infida ed inaffidabile scuola politica berlusconiana. Do you remember, Renzi?