In tanti hanno gridato all'antisemitismo, all'odio razziale, al neonazismo rinascente, al fascismo di ritorno, per descrivere l'ignobile pogrom di Tolosa contro una scuola ebrea che ha causato la morte di tre bambine e un insegnante e, giusto qualche giorno prima, l'uccisione di tre militari di origine maghrebina. In realtà la questione sembra essere molto più complessa, e merita pertanto di essere indagata nei suoi contenuti più pregnanti.
La strage francese segue di pochi mesi l'attentato di Oslo ed Utoya in Norvegia, attribuito a Breivik, il pogrom torinese delle Vallette contro un campo rom e la carneficina dei senegalesi consumatasi nel mercatino di San Lorenzo a Firenze. Eventi delittuosi che si sono consumati nell'arco di un anno, evidentemente indice di un fenomeno che va ben al di là delle sporadiche e inconcludenti manifestazioni di intolleranza dei gruppi di estrema destra.
In un saggio recente ("Il popolo al potere") Costanzo Preve ha sottolineato come, con la controrivoluzione sessantottina, le classi popolari italiane restarono prive di gruppi intellettuali "organici", che leggessero cioè per loro la realtà storica, finendo così per essere sostanzialmente mute dal punto di vista politico. In tal modo, un "azionismo di massa", spesso scoordinato e figlio dell'occidentalismo, si è sostituito a questa grave mancanza, portando con sè un necessario cambiamento del codice comunicativo ed egemonico: riflesso soltanto italiano di un fenomeno sviluppatosi su larga scala mondiale.
La naturale conseguenza di un simile processo, conclude Preve, fu che questo popolo, privato di ogni profilo culturale autonomo, finì per essere preda di ciò che egli definisce "sindrome di demenza generalizzata", che insorge quando vengono meno tutti gli schemi di interpretazione sociale, coinvolgendo tutti gli strati sociali (alti-bassi) e politici (a destra come a sinistra). Se a sinistra tale sindrome assume molto spesso la forma della "schizofrenia", a destra invece essa si manifesta sotto il profilo della "paranoia", che prende di mira i soliti capri espiatori (neri, ebrei, musulmani, eccetera). I fatti come quello di Tolosa sono soltanto la punta dell'iceberg di un processo inesorabile di perdita del controllo e della lettura della realtà, cui il linguaggio politico-editoriale non sa, o meglio non vuole, dare una spiegazione.
In questo modo assistiamo quotidianamente a subdole letture di fenomeni come quello francese, marchiati con il sigillo dell'antisemitismo, dell'odio razziale, del razzismo tout court, di stampo prettamente moralistico. Nessuno, volontariamente, è in grado di vederne sullo sfondo i resti di una società privata di ogni forma di partecipazione, di sovranità, in preda alla "sindrome del lavoro flessibile" e ad un militarismo imperiale che si aggrappa, al solito, alla religione dei "diritti umani" come unica carta di sostegno.
Se la genesi storica del processo è quella che abbiamo poc'anzi ricordato, occorre sottolineare come essa sia stata costantemente e premeditatamente rinfocolata nel corso degli anni dai pionieri dell'informazione d'assalto cosiddetta "di sinistra". Dall'antiberlusconismo d'accatto di Repubblica ai sermoni di molti capisaldi dell'informazione alternativa, sino ad arrivare ai cianci babbioni del Partito Democratico. Il Partito Liquido, come fu definito dal suo fondatore.
La strage francese segue di pochi mesi l'attentato di Oslo ed Utoya in Norvegia, attribuito a Breivik, il pogrom torinese delle Vallette contro un campo rom e la carneficina dei senegalesi consumatasi nel mercatino di San Lorenzo a Firenze. Eventi delittuosi che si sono consumati nell'arco di un anno, evidentemente indice di un fenomeno che va ben al di là delle sporadiche e inconcludenti manifestazioni di intolleranza dei gruppi di estrema destra.
In un saggio recente ("Il popolo al potere") Costanzo Preve ha sottolineato come, con la controrivoluzione sessantottina, le classi popolari italiane restarono prive di gruppi intellettuali "organici", che leggessero cioè per loro la realtà storica, finendo così per essere sostanzialmente mute dal punto di vista politico. In tal modo, un "azionismo di massa", spesso scoordinato e figlio dell'occidentalismo, si è sostituito a questa grave mancanza, portando con sè un necessario cambiamento del codice comunicativo ed egemonico: riflesso soltanto italiano di un fenomeno sviluppatosi su larga scala mondiale.
La naturale conseguenza di un simile processo, conclude Preve, fu che questo popolo, privato di ogni profilo culturale autonomo, finì per essere preda di ciò che egli definisce "sindrome di demenza generalizzata", che insorge quando vengono meno tutti gli schemi di interpretazione sociale, coinvolgendo tutti gli strati sociali (alti-bassi) e politici (a destra come a sinistra). Se a sinistra tale sindrome assume molto spesso la forma della "schizofrenia", a destra invece essa si manifesta sotto il profilo della "paranoia", che prende di mira i soliti capri espiatori (neri, ebrei, musulmani, eccetera). I fatti come quello di Tolosa sono soltanto la punta dell'iceberg di un processo inesorabile di perdita del controllo e della lettura della realtà, cui il linguaggio politico-editoriale non sa, o meglio non vuole, dare una spiegazione.
In questo modo assistiamo quotidianamente a subdole letture di fenomeni come quello francese, marchiati con il sigillo dell'antisemitismo, dell'odio razziale, del razzismo tout court, di stampo prettamente moralistico. Nessuno, volontariamente, è in grado di vederne sullo sfondo i resti di una società privata di ogni forma di partecipazione, di sovranità, in preda alla "sindrome del lavoro flessibile" e ad un militarismo imperiale che si aggrappa, al solito, alla religione dei "diritti umani" come unica carta di sostegno.
Se la genesi storica del processo è quella che abbiamo poc'anzi ricordato, occorre sottolineare come essa sia stata costantemente e premeditatamente rinfocolata nel corso degli anni dai pionieri dell'informazione d'assalto cosiddetta "di sinistra". Dall'antiberlusconismo d'accatto di Repubblica ai sermoni di molti capisaldi dell'informazione alternativa, sino ad arrivare ai cianci babbioni del Partito Democratico. Il Partito Liquido, come fu definito dal suo fondatore.