Archiviata con successo la parte della manovra riguardante il pacchetto-liberalizzazioni, il cosiddetto Governo tecnico, composto da banchieri e squali della finanza responsabili assoluti della crisi globale, si appresta ora a mettere mano al mercato del lavoro, nell'ottica di una sua pretesa "razionalizzazione", ovviamente a danno delle sue categorie più deboli.
Le proteste che in questi giorni stanno scuotendo parte della penisola, dalla Sicilia alla Sardegna, dalla Calabria sino alla nostra Campania, restano per il momento isolate e soprattutto, dal punto di vista ideologico, ancora poco decifrabili. Il rischio già paventato è che simili assalti, ancora corporativi, issino al cielo la bandiera dell'orgoglio italico, finendo così per perdere di vista l'obiettivo della riscossa "di classe" e traducendosi in pericolosi sentimenti nazional-socialisti. Conseguenza non da poco, e nemmeno imprevedibile, qualora si tenga presente la bussola squinternata in possesso dell'oligarchia politico-culturale italiana, specie quella di sinistra.
Anche a Nichi Vendola il lavoro di Mario Monti sembra star bene, nel momento in cui invita le parti politiche a "lasciar fare al Governo la propria opera" (e dello stesso parere sembra essere anche l'Idv, dopo la sua parziale retromarcia). Continuare, cioè, quella macelleria sociale che il precedente Governo Berlusconi non aveva avuto il coraggio di fare, per scrupoli squisitamente elettorali. Il lavoro dell'attuale Governo altro non è che quello lasciato "in sospeso" dal precedente esecutivo destrorso: un'apparente rivoluzione liberale che si incastona perfettamente nel mosaico di imbarbarimento civile e politico che scuote la vecchia Europa, cui ben presto si aggiungerà la riforma del sistema del lavoro e la cancellazione delle conquiste sindacali degli anni '60-'70. In questa linea sottile di continuità-discontinuità si celano analogie e differenze tra vecchia e "nuova" classe dirigente politica: continuità nella creazione di una società priva di democrazie reale e di autentica sovranità; discontinuità nel coraggio barbaro di passare all'atto pratico.
I guai che l'ideologia liberistica ha causato a livello globale non hanno, oggettivamente, soluzioni sul piano del positivismo giuridico liberale, nonostante i capataz dell'oligarchia economica e finanziaria mondiale tentino in ogni modo di salvaguardarne la riproduzione. Ed è solo a questo fine che risponde la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio in molte aree dell'Eurozona, Italia compresa. Se dal punto di vista ideologico si tratterebbe di issare bandiera bianca di fronte alla finanza, dal punto di vista dll'azione obiettivo ultimo è quello dell'austerity assoluta, nell'ottica apparentemente sensata di evitare un default che pende su molti stati sovrani (per quanto ancora?) come una spada di Damocle. Si vogliono introdurre regole di carattere imperativo, come quelle costituzionali, allo scopo di sancire a livello assoluto il predominio di una grandezza globale, la finanza, che regole di autocontrollo non ha. Credere ad una soluzione soltanto politica di questa crisi è, ancora una volta, ingenuo e superficiale: una visione da militanti del PD logori e in mala fede.
Sembrano dunque ovvie le ragioni, politiche e di metodo, per le quali anche l'attuale movimento dei "forconi" debba essere preso con le pinze, nell'ottica del lungo periodo. Il disorientamento generale che pervade la società costituisce una zavorra culturale di non poco peso, anticamera potenziale per innescare un processo deviante. Dal punto di vista strettamente politico, questo esecutivo sta preparando la strada ad un futuro tutt'altro che roseo. A tinte nere, possibile, anzi probabile, fin quando l'interpretazione della realtà, ed i suoi strumenti, non saranno credibili.
Le proteste che in questi giorni stanno scuotendo parte della penisola, dalla Sicilia alla Sardegna, dalla Calabria sino alla nostra Campania, restano per il momento isolate e soprattutto, dal punto di vista ideologico, ancora poco decifrabili. Il rischio già paventato è che simili assalti, ancora corporativi, issino al cielo la bandiera dell'orgoglio italico, finendo così per perdere di vista l'obiettivo della riscossa "di classe" e traducendosi in pericolosi sentimenti nazional-socialisti. Conseguenza non da poco, e nemmeno imprevedibile, qualora si tenga presente la bussola squinternata in possesso dell'oligarchia politico-culturale italiana, specie quella di sinistra.
Anche a Nichi Vendola il lavoro di Mario Monti sembra star bene, nel momento in cui invita le parti politiche a "lasciar fare al Governo la propria opera" (e dello stesso parere sembra essere anche l'Idv, dopo la sua parziale retromarcia). Continuare, cioè, quella macelleria sociale che il precedente Governo Berlusconi non aveva avuto il coraggio di fare, per scrupoli squisitamente elettorali. Il lavoro dell'attuale Governo altro non è che quello lasciato "in sospeso" dal precedente esecutivo destrorso: un'apparente rivoluzione liberale che si incastona perfettamente nel mosaico di imbarbarimento civile e politico che scuote la vecchia Europa, cui ben presto si aggiungerà la riforma del sistema del lavoro e la cancellazione delle conquiste sindacali degli anni '60-'70. In questa linea sottile di continuità-discontinuità si celano analogie e differenze tra vecchia e "nuova" classe dirigente politica: continuità nella creazione di una società priva di democrazie reale e di autentica sovranità; discontinuità nel coraggio barbaro di passare all'atto pratico.
I guai che l'ideologia liberistica ha causato a livello globale non hanno, oggettivamente, soluzioni sul piano del positivismo giuridico liberale, nonostante i capataz dell'oligarchia economica e finanziaria mondiale tentino in ogni modo di salvaguardarne la riproduzione. Ed è solo a questo fine che risponde la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio in molte aree dell'Eurozona, Italia compresa. Se dal punto di vista ideologico si tratterebbe di issare bandiera bianca di fronte alla finanza, dal punto di vista dll'azione obiettivo ultimo è quello dell'austerity assoluta, nell'ottica apparentemente sensata di evitare un default che pende su molti stati sovrani (per quanto ancora?) come una spada di Damocle. Si vogliono introdurre regole di carattere imperativo, come quelle costituzionali, allo scopo di sancire a livello assoluto il predominio di una grandezza globale, la finanza, che regole di autocontrollo non ha. Credere ad una soluzione soltanto politica di questa crisi è, ancora una volta, ingenuo e superficiale: una visione da militanti del PD logori e in mala fede.
Sembrano dunque ovvie le ragioni, politiche e di metodo, per le quali anche l'attuale movimento dei "forconi" debba essere preso con le pinze, nell'ottica del lungo periodo. Il disorientamento generale che pervade la società costituisce una zavorra culturale di non poco peso, anticamera potenziale per innescare un processo deviante. Dal punto di vista strettamente politico, questo esecutivo sta preparando la strada ad un futuro tutt'altro che roseo. A tinte nere, possibile, anzi probabile, fin quando l'interpretazione della realtà, ed i suoi strumenti, non saranno credibili.