Non è un caso che proprio in quei giorni assegnati al ricordo, quello per intenderci autoriflessivo, a volte intimo e per nulla altisonante di retorica schifosa, denso di significati che vanno ben al di là di una immagine simbolica, questo paese riesca a dare prova del peggio di se stesso. E così, mentre fiumane di gente e figure istituzionali dal bronzeo viso commemorano la morte (già vent'anni son passati), spaventosa e vigliacca, di un giudice che, fosse stato ancora tra noi, avrebbero probabilmente continuato a trattare così come era stato trattato in vita, cioè una pezza da piedi, ecco che proprio all'acme di queste celebrazioni, quotidiani nazionali di (presunta) avanguardia e noti cronisti di (presunta) levatura morale ti sbattono il mostro in prima pagina.
Non era bastato rovistare nella vita privata di una povera ragazza dilaniata da un vile attentato dinamitardo, quello di Brindisi, per offrirne il lauto pasto alla vorace curiosità italiota, impastata di pioggia televisiva. Era necessario esibire il corpo del "re nudo", della macabra mano probabilmente autrice della strage pugliese. Succede così che, mentre un presunto sospetto è ancora sotto il fuoco incrociato delle domande degli investigatori, le sue generalità vengono istantaneamente diffuse su internet, per la precisione dalla pagina Twitter di Sandro Ruotolo, uno dei caporali del cronismo d'assalto di "Servizio Pubblico", la trasmissione di Michele Santoro. Come se non bastasse, ne vengono snocciolati i dettagli più intimi, i legami familiari, addirittura le istantanee della sua strada di residenza, e quindi dell'abitazione. Succede, soprattutto, che dopo sei ore filate di interrogatorio, il presunto sospetto venga rilasciato e che "non ci siano indagati".
Succede in pratica che un privato cittadino venga esposto alla pubblica gogna, mediatica e non, a causa dell'imperizia e dello sciacallaggio di chi dovrebbe al contrario assicurare un servizio di comunicazione capillare, e ben fatta, "per" il cittadino, e non contro. Senza che, tra l'altro, nessuno di quelli che poco dopo si sarebbero scandalizzati per i fischi dell'Olimpico all'inno nazionale avesse alzato un solo dito a condanna di un simile linciaggio. Tutto sembra naturale in un paese dalla cultura patibolare, a sinistra come a destra, che vede il marcio solo dove vuole vederlo.
E che si appresta, per il ventesimo anniversario, a ricordare una morte di cui ancora oggi le istituzioni non hanno saputo dirci uno straccio di nulla. Quelle stesse istituzioni che in questi giorni gareggiano impunemente nella commozione del ricordo, esorcizzando furbescamente il sangue versato in quelle lotte di potere tutte interne di inizio anni '90. Dal Napolitano commosso e piangente al Monti baluardo fiero e tronfio del ripristino legalitario nella penisola, le parole scorrono come fiumi impetuosi sulla labilità mnemonica degli ascoltatori. Lo Stato (il potere, appunto) non può processare se stesso. E molto spesso, l'altro Stato (quello delle masse, che il potere lo subisce in tutta la sua violenza repressiva) è disposto a dare più di una mano, coi suoi occhi ciechi, per consentirne l'assoluzione.
Non era bastato rovistare nella vita privata di una povera ragazza dilaniata da un vile attentato dinamitardo, quello di Brindisi, per offrirne il lauto pasto alla vorace curiosità italiota, impastata di pioggia televisiva. Era necessario esibire il corpo del "re nudo", della macabra mano probabilmente autrice della strage pugliese. Succede così che, mentre un presunto sospetto è ancora sotto il fuoco incrociato delle domande degli investigatori, le sue generalità vengono istantaneamente diffuse su internet, per la precisione dalla pagina Twitter di Sandro Ruotolo, uno dei caporali del cronismo d'assalto di "Servizio Pubblico", la trasmissione di Michele Santoro. Come se non bastasse, ne vengono snocciolati i dettagli più intimi, i legami familiari, addirittura le istantanee della sua strada di residenza, e quindi dell'abitazione. Succede, soprattutto, che dopo sei ore filate di interrogatorio, il presunto sospetto venga rilasciato e che "non ci siano indagati".
Succede in pratica che un privato cittadino venga esposto alla pubblica gogna, mediatica e non, a causa dell'imperizia e dello sciacallaggio di chi dovrebbe al contrario assicurare un servizio di comunicazione capillare, e ben fatta, "per" il cittadino, e non contro. Senza che, tra l'altro, nessuno di quelli che poco dopo si sarebbero scandalizzati per i fischi dell'Olimpico all'inno nazionale avesse alzato un solo dito a condanna di un simile linciaggio. Tutto sembra naturale in un paese dalla cultura patibolare, a sinistra come a destra, che vede il marcio solo dove vuole vederlo.
E che si appresta, per il ventesimo anniversario, a ricordare una morte di cui ancora oggi le istituzioni non hanno saputo dirci uno straccio di nulla. Quelle stesse istituzioni che in questi giorni gareggiano impunemente nella commozione del ricordo, esorcizzando furbescamente il sangue versato in quelle lotte di potere tutte interne di inizio anni '90. Dal Napolitano commosso e piangente al Monti baluardo fiero e tronfio del ripristino legalitario nella penisola, le parole scorrono come fiumi impetuosi sulla labilità mnemonica degli ascoltatori. Lo Stato (il potere, appunto) non può processare se stesso. E molto spesso, l'altro Stato (quello delle masse, che il potere lo subisce in tutta la sua violenza repressiva) è disposto a dare più di una mano, coi suoi occhi ciechi, per consentirne l'assoluzione.