Mentre questo governo/non governo non lesina energie nel tentativo drastico, e proficuo, di abbattere quel poco che resta di produttivo nel nostro paese, ecco rispuntare, puntuale come quei bambini compunti al loro primo giorno di scuola, il maglioncino griffato del direttore megagalattico Sergio Marchionne. L'a.d. ci ha tenuto a far sapere che Fiat non ha alcuna intenzione di abbandonare i siti italiani, che l'azienda impiegherà tutte le energie possibili per rimettere in sesto le condizioni del marchio e che, insomma, è già in agenda un vertice con Monti per discutere delle strategia, al quale prenderanno parte anche Fornero e Passera. Un quartetto da brividi horror, solo pensando alla posizione prona finora esibita nei confronti dei diktat dell'eurofinanza.
Peccato che mai nessun prestigioso cronista ponga a Marchionne l'unica domanda possibile in questo momento: e cioè quale reale progetto di crescita per il paese aveva in mente il Nostro con "Fabbrica italia", strategia bucherellata che ha finito per affondare all'impatto coi primi iceberg dell'economia reale. Non era bastato il referendum-vergogna di Pomigliano, al quale avevano conferito entusiastica adesione i benvoluti partiti "de sinistra", dallo zoccolo duro (si fa per dire) del Pd sino ai frondisti renziani ("con Marchionne senza se e senza ma", disse senza arzigogoli lo studentello fiorentino): l'Ifigenia offerta all'altare macabro del capitale, salario e vita dei lavoratori, è ben presto diventato il modus operandi in molte altre fabbriche sparse per il territorio. E così, dopo un fallimento annunciato e le batoste ricevute anche nelle sezioni del lavoro di tanti tribunali, per discriminazioni sindacali verso i dipendenti, ecco che i nodi di cachemire vengono al pettine, malgrado mobilitazioni di massa ed esibizioni di dignità da manuale, come quelle messe in campo a Pomigliano.
Soltanto ora che il re, o meglio l'a.d., è nudo, tutti sembrano dimenticare il passato ed esibire smanie da censori della mala gestione. L'ultimo di una lunga serie è Diego Della Valle, il calzolaio marchigiano, l'attesissimo homo novus, quello della provvidenza e della insperata resurrezione. Come Marchionne era visto quale delegato per diritto divino alla risollevazione della Fiat e ad una sua evoluzione in chiave "etica" (!), così Della Valle viene indicato come nuovo moralizzatore, fustigatore dei vizi passati e iniziatore delle future virtù. Un Robert Owen de noantri, insomma, in una tendenza deresponsabilizzata e tutta italica alla libidinosa individuazione del Liberatore Finale, dell'homo novus pronto a traghettarci per mano verso il compimento per destino. Era stato così per Craxi dopo la sovranità democristiana: poi arrivò Berlusconi, cui ci si rivolse per sfuggire alle paludi della Prima Repubblica; e poi ancora Prodi, l'uomo dell'Euro, visto come baluardo di difesa dalle derive dell'Eliogabalo arcoriano. Infine Monti, massone e uomo di Goldmann Sachs, salutato come antidoto definitivo alle schegge del ventennio berlusconiano. Chissà che non tocchi anche a Satana: in fondo, dopo un simile parterre, perchè proprio lui non dovrebbe avere credenziali?
Peccato che mai nessun prestigioso cronista ponga a Marchionne l'unica domanda possibile in questo momento: e cioè quale reale progetto di crescita per il paese aveva in mente il Nostro con "Fabbrica italia", strategia bucherellata che ha finito per affondare all'impatto coi primi iceberg dell'economia reale. Non era bastato il referendum-vergogna di Pomigliano, al quale avevano conferito entusiastica adesione i benvoluti partiti "de sinistra", dallo zoccolo duro (si fa per dire) del Pd sino ai frondisti renziani ("con Marchionne senza se e senza ma", disse senza arzigogoli lo studentello fiorentino): l'Ifigenia offerta all'altare macabro del capitale, salario e vita dei lavoratori, è ben presto diventato il modus operandi in molte altre fabbriche sparse per il territorio. E così, dopo un fallimento annunciato e le batoste ricevute anche nelle sezioni del lavoro di tanti tribunali, per discriminazioni sindacali verso i dipendenti, ecco che i nodi di cachemire vengono al pettine, malgrado mobilitazioni di massa ed esibizioni di dignità da manuale, come quelle messe in campo a Pomigliano.
Soltanto ora che il re, o meglio l'a.d., è nudo, tutti sembrano dimenticare il passato ed esibire smanie da censori della mala gestione. L'ultimo di una lunga serie è Diego Della Valle, il calzolaio marchigiano, l'attesissimo homo novus, quello della provvidenza e della insperata resurrezione. Come Marchionne era visto quale delegato per diritto divino alla risollevazione della Fiat e ad una sua evoluzione in chiave "etica" (!), così Della Valle viene indicato come nuovo moralizzatore, fustigatore dei vizi passati e iniziatore delle future virtù. Un Robert Owen de noantri, insomma, in una tendenza deresponsabilizzata e tutta italica alla libidinosa individuazione del Liberatore Finale, dell'homo novus pronto a traghettarci per mano verso il compimento per destino. Era stato così per Craxi dopo la sovranità democristiana: poi arrivò Berlusconi, cui ci si rivolse per sfuggire alle paludi della Prima Repubblica; e poi ancora Prodi, l'uomo dell'Euro, visto come baluardo di difesa dalle derive dell'Eliogabalo arcoriano. Infine Monti, massone e uomo di Goldmann Sachs, salutato come antidoto definitivo alle schegge del ventennio berlusconiano. Chissà che non tocchi anche a Satana: in fondo, dopo un simile parterre, perchè proprio lui non dovrebbe avere credenziali?