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Quello che le parole non vogliono dire

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Category: Editoriali
By Giovanni Apadula
Giovanni Apadula
03.Jul
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Questo paese ha perso la sua capacità di orientarsi, e di saper leggere il mondo (ammesso che l'abbia mai avuta) nel giorno stesso in cui ha smesso di chiamare le cose con il suo nome. Che giornali, media e principali mezzi d'informazione facciano, secondo copione, il gioco sporco del potere è cosa vecchia e tutt'altro che astrusa; ma il fatto stesso che questa nazione non riesca ad esprimere uno straccio di opposizione intellettuale e culturale allo sfacelo a cui sta andando incontro è, quantomeno, triste ed imbarazzante; se non addirittura umiliante.

E' finita così che abbiamo elevato a starlette della rivoluzione culturale persino un ministro come Elda Fornero, uno dei più abietti esperimenti di Lebensborn politico che la storia recente possa ricordare. Durante uno dei tanti conati rivoltanti esibiti nel corso di un'intervista rilasciata al giornale del popolo, vale a dire il Wall Street Journal, la "professoressa", artefice e complice dei colpi di mano che stanno affamando le famiglie, attentando ai diritti sindacali, distruggendo i salari e impennando la disoccupazione e l'inflazione, ha nientemeno affermato che il lavoro "non è un diritto", salvo poi correggere il tiro, sostenendo che intendesse riferirsi non al lavoro in quanto tale ma al posto di lavoro (al che uno potrebbe chiedersi dove risieda la differenza pratica, ma agli analisti d'antan dev'essere sfuggito). A nulla sono valse le capriole da cervello fumante dei vari cani da guardia del sistema per porre rimedio all'uscita squadrista della ministra, quantomeno agli occhi di chi ha perfettamente colto lo "spirito democratico" dell'attuale classe dirigente.

Appunto, troppo pochi: appare ormai del tutto evidente come questi personaggi possano concedersi qualsiasi tipo di uscita, senza che le targhe sindacali siano in grado di organizzare una qualsiasi forma di resistenza, sotto forma ad esempio di sciopero generale. Ve l'immaginate una simile uscita da parte di Berlusconi e dei suoi ministri al guinzaglio, e le reazioni che avrebbe provocato nell'uditorio? I conti sono presto fatti.
Vi è addirittura chi ha invocato lo spettro dell'anticostituzionalità di una simile uscita. Discorso giusto e lungimirante, se non fosse che la Carta Fondamentale è stata ormai ridotta a brandelli di carta straccia da almeno un ventennio, in campo socio-economico e di politica estera soprattutto, senza voler troppo indietreggiare nel tempo, e concedendo così al giudizio il dono, eccessivo, della generosità. In tutto ciò, cosa c'entra il discorso linguistico-culturale del nostro esordio?

Ecco, si diceva che ormai siamo del tutto inabili a chiamare le cose col proprio nome. Tutto ciò è accaduto forse quando l'uomo ha avvertito la necessità di mascherare il suo cannibalismo sia in ambito socio-economico che, di conseguenza, culturale. Se persino le lobbies dell'altro finanza negano l'esistenza di un oligopolio globale che controlla l'economia, non ci si può meravigliare che tali tesi vengano ribadite e sviluppate dai suoi elementi sovrastrutturali. In tal modo, l'immagine che l'informazione dà di questo governo ne risulta destrutturata, quasi depoliticizzata: quella del "tecnicismo dei professori". Facendo apparire del tutto superficiale e secondaria la faccia truce e affamante del potere che questi signori rappresentano, impelagati come sono nelle trame dei principali gruppi d'affari del paese e non solo (volendo riassumere: Passera e Fornero con Intesa Sanpaolo, Profumo con UniCredite Private Bank e Telecom Italia, Gnudi con Unicredit Group, fino ad arrivare al membro dell'Advisor Group della Nato, Mario Monti, ex consigliere Goldman Sachs e Coca Cola).

Chi non lo ricorda o addirittura lo omette non è un distratto. É semplicemente in malafede.
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