
Nucleare? Ma anche no! Manca meno di una settimana all'immancabile appuntamento con il Referendum per il quale anche IRNO.IT ha deciso di dare il suo contributo con una campagna di sensibilizzazione a favore del SI. Dopo il Legittimo Impedimento, analizziamo ora la questione del NUCLEARE, senza dubbio il tema più scottante e strettamente attuale che ha persino rischiato di essere sottratto alla disponibilità degli elettori. A seguito dell'incidente di Fukushima, infatti, grazie a un escamotage dettato dalla contingenza ma di ovvio carattere strumentale, il Governo aveva deciso di posticipare di un anno l'avvio del progetto energetico nucleare, intervenendo con un apposito provvedimento (decreto "Omnibus") e determinando così l'automatica cancellazione della voce dal quesito referendario. I giudici di Cassazione hanno però accolto l'istanza dell'Idv, pronunciandosi a maggioranza e statuendo che la richiesta di abrogazione si applicasse non alla vecchia legge, ma alle nuove disposizioni del decreto (articolo 5, commi 1 ed 8), con conseguente modifica del quesito. Con esso (scheda colore grigio, quesito numero 3) si chiede agli elettori se intendono abrogare la normativa attuale, che prevede la realizzazione sul territorio politico nazionale di nuove centrali nucleari, da installarsi nei prossimi anni: già, appunto "nei prossimi anni". Un tema caldo e quanto mai attuale, da inquadrare in un contesto più ampio che concerne pericoli, gestione e scelte strategiche. In un paese dove la corruzione dilaga (lo dimostrano gli studi statistici di Transparency International) e rappresenta l'impedimento maggiore alla crescita economica e sociale, l'appalto per la realizzazione delle centrali e l'affidamento della gestione delle stesse rappresentano un enorme fattore di rischio. E' sufficiente assumere come metro comparativo il Giappone, proverbialmente noto per la sua efficienza. Nel 2002 infatti, come rivela un'inchiesta dell'Economist, si scoprì che la Tepco, la società che gestisce la centrale di Fukushima, a partire dagli anni '80 aveva falsificato ben 29 rapporti destinati all'Agenzia per la sicurezza nucleare e che le stesse autorità giapponesi ne erano a conoscenza. La stessa azienda, in un rapporto del 2010, ha sostenuto di non aver ritenuto necessario compiere tutti i controlli obbligatori prescritti dalla legge per la sicurezza dei siti. Un altro profilo da considerare concerne le scelte energetiche che i paesi industrializzati stanno compiendo, in connessione col tipo di dibattito pubblico che queste hanno scatenato: un rapporto dialettico all'interno del quale l'Italia sembra compiere per ultima e con largo ritardo la tappa di avvicinamento al nucleare, 24 anni dopo la prima deliberazione referendaria su alcuni tratti problematici della disciplina legislativa in materia. Basti pensare alla Francia, che ha appena smantellato il mega impianto di Superphènix per il quale ci sono voluti 30 anni per costruirlo, 10 di attività e 11 anni per dismetterlo, o alla Germania. Persino in Asia e precisamente in India, dove l'opinione pubblica si sta fermamente opponendo alla costruzione di un reattore europeo da realizzarsi a sud di Bombay, ossia in una delle dieci più grandi oasi mondiali di biodiversità. Analoghi interrogativi si sono posti anche in ordine al profilo temporale della realizzazione dei siti, ed ai relativi costi. Studi di settore, infatti, calcolano in 6-7 anni, in media, il tempo necessario per l'installazione degli impianti. Ogni risparmio temporale produrrebbe costi ulteriori, il cui rientro andrebbe spalmato su un numero maggiore di anni. Quanto ai costi, essi variano da paese a paese: in ogni caso, la corsa al nucleare provocherebbe un'impennata del prezzo dell'uranio "naturale". Prezzo che, a sua volta, cresce molto di più rispetto a quello del petrolio: dai 14 dollari al chilo nel 2001 ai 220 dollari al chilo nel 2007. Con la conseguenza che l'incremento massiccio dei reattori voluto dall'attuale esecutivo (ma a cui non si mostra insensibile certa opposizione) provocherebbe l'esaurimento delle risorse disponibili entro 20 anni. Come affermato dal Nobel Carlo Rubbia, pur volendo produrre, col nucleare, la stessa energia elettrica di cui dispongono Francia e Germania (30%), occorrerebbero tra le 15 e le 20 centrali nucleari: andrebbero disseminate quindi sull'intero territorio nazionale, senza esclusione alcuna. A ciò si aggiunga che l'AIEA, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, ha stimato che il contributo del nucleare alla produzione elettrica mondiale si ridurrà dal 15% del 2006 al 13% del 2030 E in ultimo si presenterebbe il grande problema delle scorie. In un paese dove i rifiuti rappresentano, oltre che un'emergenza di dimensioni bibliche, fonte di ricchezza per gli avvoltoi dell'imprenditoria e criminalità organizzata, come ci si potrebbe soltanto approcciare al problema? Votiamo SI per fermare il nucleare.
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