Roma. Tolleranza zero per l'acqua in bottiglia, naturale o frizzante, esposta in vendita al sole. Il rischio è una multa da 1500 euro per il commerciante colpevole. Arriva direttamente dalla Cassazione la sentenza 39037 nei confronti di chi non usa le dovute accortezze nel trattare gli alimenti deteriorabili, mettendo a rischio la salute dei consumatori. I giudici di piazza Cavour hanno così respinto il ricorso del titolare di un esercizio commerciale che aveva messo in vendita bottiglie di acqua minerale, tenute nel piazzale davanti al negozio prima di portarle all'interno. L'acqua in bottiglia, se lasciata in luoghi caldi o con temperature elevate, potrebbe divenire nociva per la nostra salute. Inutilmente la difesa aveva puntato sui tempi brevi dell'esposizione alla luce, sostenendo che l'acqua era stata scaricata e lasciata all'aperto il tempo necessario a portarla nel deposito. Ma la Suprema Corte ha chiarito che la vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione, secondo l'articolo 5 della Legge 283/1982, é un reato di pericolo presunto con una soglia di punibilità anticipata. La violazione si concretizza dunque anche in assenza di un affettivo accertamento del danno al bene tutelato, ma più semplicemente sulla base di un verbale ispettivo, una foto o alcune testimonianze. Del resto il divieto di esporre le bottiglie d'acqua alla luce o al calore del sole è datato e risale al 20 Gennaio del 1927. Un decreto ministeriale di allora faceva riferimento alle bottiglie di vetro, che non subiscono modificazioni in seguito al contatto con il calore. È evidente che la cautela deve essere ancora più stringente oggi se si considerano le bottiglie di plastica. Il rischio deriva dai materiali con cui viene confezionata. Secondo gli studiosi il problema principale deriverebbe dal fatto che le bottiglie comunemente definite di "plastica" sono realizzate con tereftalato che, una volta entrato in contato con fonti di calore, rilascia sia antimonio che bisfenolo A o BPA. Queste sostanze in quantità minime non destano preoccupazione ma potrebbero avere un impatto a lungo termine sulla salute e, in particolare, su quella dei bambini. La Cassazione ricorda che l'acqua è un prodotto alimentare vivo e non va considerata in maniera diversa dal vino e dall'olio. Nel caso esaminato il reato c'é stato ed è stato provato, grazie alle ispezioni, che l'acqua era stata esposta in periodi caldi come Giugno e Settembre. Anche gli ambulanti sono avvertiti.