
Copenaghen. Le elezioni poltiche danesi dello scorso 18 Giugno hanno decretato la vittoria della coalizione di destra guidata dall'ex Primo Ministro Lars Løkke Rasmussen, numero uno del partito liberale Venstre, grazie al 51,5% delle preferenze. Il margine di vittoria, sia pure sufficiente ai fini dell'amministrazione del paese, ha tuttavia subito evidenziato la sensibilità del blocco conservatore a scendere a patti con le forze più reazionarie del paese. Non hanno sorpreso, da questo punto di vista, le difficoltà riscontrate dal leader dei liberali nel corso delle consultazioni per la formazione del nuovo esecutivo. Rasmussen, difatti, non è riuscito dall'inizio a disegnare un piano che comprendesse il favore di tutte le forze schieratesi con lui per la vittoria della tornata elettorale. Tra queste, un ruolo preminente va senza dubbio assegnato al Dansk Folkeparti, in sigla DF, il Partito del Popolo Danese guidato da Kristian Thulesen Dahl, di orientamento xenofobo e ipernazionalista. Alle elezioni il DF ha ottenuto il 21,1% delle preferenze, che tradotto significa essere il secondo partito politico del paese (dopo i socialdemocratici della premier sconfitta Helle Thorning-Schmidt) e, soprattutto, sommare ben 37 seggi in Parlamento. La forza d'urto del DF, imperniata sulla propaganda anti-Islam e sulla retorica anti-europeista ed anti-integrazionista, ha rappresentato l'autentica forza di traino per la coalizione guidata da Rasmussen: facendo forza sul ruolo di sponda giocato alle elezioni, il partito di estrema destra ha così preteso le massime garanzie dall'ex nonché futuro Primo Ministro. Nel corso della presentazione del nuovo governo alla Regina, avvenuta il 29 Giugno, Rasmussen ha annunciato la presenza di 17 uomini, tutti appartenenti al suo partito. La scelta disegna, così, una delle amministrazioni più deboli e minoritarie degli ultimi anni nel paese scandinavo, capace di raccogliere soltanto 34 deputati su un totale di 179. Appare plausibile la previsione per cui il governo monocolore, allo scopo di evitare un prematuro e quasi annunciato terremoto, dovrà suo malgrado scendere a patti con le forze più rappresentative in Parlamento. Sarà questa la dinamica con la quale il DF potrà fare la voce grossa. Un segnale in questo senso si è avuto meno di 24 ore fa, quando l'esecutivo ha annunciato il taglio dei sussidi ai richiedenti asilo in Danimarca allo scopo di scoraggiare eventuali future istanze.