
Syriza, il partito di sinistra ellenico guidato da Alexis Tsipras, vince le elezioni politiche in Grecia ottenendo più del 36% delle preferenze e 149 seggi, 2 in meno rispetto alla maggioranza assoluta che avrebbe permesso al movimento di guidare il paese senza la necessità di ricorrere alla coalizione. Necessità che, ora, si palesa in tutta la sua evidenza, con Tsipras già seduto al tavolo delle trattative per concertare l'agenda del governo di Atene nei mesi a venire. Nea Dimokratia, il partito di centro-destra che ha trascinato la Grecia nel vortice spaventoso dell'austerity dettata dall'Unione Europea, raggiunge solo il 27,8% degli elettori, ottenendo 76 seggi. Spaventosa, come in tempi di crisi accade, l'adesione al movimento neonazista Chrysi Avghì (Alba Dorata), terzo partito del paese in grado di racimolare 17 seggi frutto della preferenza del 6,05% dei votanti. Quali scelte determineranno, ora, il nuovo corso ellenico targato Tsipras? Le agenzie hanno già battuto la notizia di una colazione di lavoro fissata in mattinata dai vertici della Troika. Draghi, Juncker, Tusk e Djisselbloem discuteranno con ogni probabilità degli esiti delle votazioni greche e delle possibilità apripista che potrebbero issarsi all'indomani della vittoria di Syriza, potenzialmente in grado di aprire una voragine all'interno della piattaforma comunitaria, sempre più apparato istituzionale del neocapitalismo. Le prospettive inaugurate da Tsipras si dirigono ora celermente alla prova dei fatti, di fronte ad una "rottura istituzionale" finora piantata sulla carta con il solo inchiostro. Certo, già in mattinata l'incontro di un'ora con Panos Kammenos, il leader del partito di destra Anel, lascia spiragli a soluzioni bipartisan piuttosto ampie, sebbene la maggioranza relativa consenta a Syriza la possibilità di scegliere con sufficiente certezza sulle riforme da portare avanti ad Atene. Ma l'apertura ad un così ampio arco parlamentare, e specie alle istanze provenienti dall'altra parte della barricata, non precludono affatto il rischio di un'esasperazione del conflitto in senso nazionalista e xenofobo, dinamica già conosciuta alla Grecia del recente passato, preda ad Atene come a Salonicco dell'assalto alle più elementari prerogative umane, sociali e politiche da parte delle truppe dello squadrismo di destra. Così come poco consolante appre l'entusiasmo per nulla recondito di Marine Le Pen, che con Tsipras condivide l'assoluta avversione all'agenda neoliberista comunitaria. Ipotesi, allo stato, non ancora suffragate dalla prova dei fatti. L'unico dato concreto che spinge a riflessioni più profonde è, allo stato, il profondo astensionismo che ha contraddistinto la tornata elettorale, prossimo alla quota record del 40%. In attesa della risposta del nuovo governo greco agli "ukase" provenienti da Bruxelles.