L'Organizzazione Mondiale della Sanità parla di un contagio dall'avanzata esponenziale: il bilancio delle persone che hanno contratto il virus Ebola si attesta attualmente intorno agli 8 mila casi, di cui quasi la metà mortali. La situazione è maggiormente aggravata dalla possibilità che il virus possa propagarsi al di fuori dagli Stati africani che in questo momento ne sono colpiti maggiormente: Guinea, Liberia e Sierra Leone. Per conformazione geografica tali Stati sono composti da piccoli villaggi molto distanti tra loro, per questo finora è stato possibile contenere in qualche modo la crescita dei casi, ma qualcosa sembra essere andato per il verso sbagliato. Il rientro in patria di alcuni operatori umanitari attivi nella zona - come il cosiddetto paziente "zero" Thomas Eric Duncan, morto lo scorso mercoledì negli States e l'infermiera spagnola Teresa Romero, ancora ricoverata - dimostrano che il pericolo di una diffusione della malattia anche in Occidente esiste e che le pratiche igienico sanitarie dei nostri ospedali, sebbene decisamente superiori a quelle dei nosocomi africani, non sono sufficienti a tenere a bada la virulenza della malattia, che si trasmette esclusivamente attraverso il contatto con fluidi corporei. Peter Piot, il medico belga che nel 1976 ha contribuito alla scoperta di Ebola - il nome della malattia deriva appunto dall'omonima Valle nella Repubblica Democratica del Congo dove morì una suora belga da cui l'equipe di Piot, allora 27enne, estrasse il primo campione di materiale di studio - lancia l'allarme raccontando che qualsiasi piccola distrazione o leggerezza può risultare fatale: lo dimostra il contagio dell'infermiera 26enne Nina Pham, che si era occupata del paziente zero Duncan. Secondo gli studi e le conoscenze finora accumulate sulla malattia, si esclude che questa possa propagarsi per via aerea, poiché le sue modalità di trasmissione prendono di mira esclusivamente vasi sanguigni e fegato e non le vie respiratorie. Una parte di studiosi sostiene che alcuni chirotteri detti "volpi volanti" siano portatori sani del virus e che questi siano arrivati ad infettare prima la scimmia e poi l'uomo grazie al fenomeno molto diffuso del "bush-meat", ossia il consumo di carne di animali selvatici come antilopi e scimpanzè, in crescita esponenziale da quando compagnie occidentali ed asiatiche hanno invaso le foreste africane in cerca di legname e minerali. Tuttavia, alcuni scienziati sostengono la carta della modificazione genetica del virus, di cui finora se ne conoscevano quattro ceppi, di cui tre letali. Il quotidiano online Lettera 43 parla di un tragico esperimento di laboratorio condotto in ambito militare negli Stati Uniti, in Canada e in Russia che aveva lo scopo di rendere il virus più potente e pervasivo, in modo da poterne studiare rimedi e farmaci efficaci; in questo ambiente protetto potrebbe esserci stata la "fuga" del virus e il conseguente propagamento. A questo tipo di incidente gli scienziati sembrano abituati perché parrebbe all'origine di altre epidemie passate, come quella del 1976 in Inghilterra e del 2004 negli Stati Uniti stessi. Questi tipi di ricerca, detti "dual research" (ricerca a doppio taglio), nascono con lo scopo di fronteggiare eventuali attacchi di bio-terrorismo. Tuttavia un vaccino che curi la malattia non è ancora confermato dalle case farmaceutiche, le quali, fiutando l'affare sono scese subito in campo per accaparrarsi il primato. Intorno all'epidemia si è infatti determinato un vero e proprio sconvolgimento di tipo economico: Forbes riporta un calo delle borse in Usa alla notizia dell'arrivo del virus nel paese e numerose compagnie aeree hanno dovuto eliminare le mete africane dalle loro tratte, la produzione di cacao della vicina Costa d'Avorio, secondo il Wall Street Journal sarebbe aumentata del 10% in poche settimane per paura di un eventuale entrata del virus nello Stato. Mentre molte aziende e multinazionali subiscono una brusca battuta d'arresto nelle loro attività commerciali, altre ottengono grandi benefici: è il caso della newyorkese Lakeland Industries, che produce guanti e tute di protezione, le cui azioni sono aumentate del 30% dall'inizio dell'epidemia o della malese Top Glove, che grazie ai suoi guanti di gomma ha aumentato del 10% le sue azioni. La multinazionale farmaceutica inglese GlaxoSmithKline che ha annunciato di voler scendere in campo nella lotta contro la malattia ha visto aumentare le sue azioni in breve tempo dell'1,1%. La stessa qualche giorno fa, ha smentito la notizia di aver acquisito i risultati di un vaccino sperimentale creato proprio in un laboratorio italiano. In realtà però sembra che tra le varie cure sperimentali, il siero Zmapp, ottenuto da piante del tabacco geneticamente modificate, della californiana Mapp Biopharmaceutical - finanziata dall'autorità americana con 24,9 milioni di dollari insieme alla canadese Tekmira - dia dei risultati discreti. Esso finora è stato sperimentato su sette pazienti. Si spera che dia ottimi risultati anche il vaccino della Profectus BioSciences, finora testato soltanto sulle scimmie: i tempi per i test e la produzione su larga scala si preannunciano piuttosto lunghi, per via della fase ancora delicata in cui sono le ricerche. Si parla infatti del 2015: un tempo inaccettabile per arrestare l'epidemia dell'Africa Occidentale.
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Donald Trump sta sfidando le peggiori categorie più consolidate della politica tradizionale,
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