
Stoccolma. Doveva essere un exploit dell'estrema destra, quasi a confermare il trend che vede il cuore dell'Europa nella morsa del populismo xenofobo ed antieuropeista. E invece le elezioni svedesi dello scorso 9 settembre si sono risolte in un sostanziale nulla di fatto per ciò che riguarda i rapporti di forza tra gli schieramenti politici locali. Nel paese scandinavo, che da oltre un secolo è contrassegnato da una forte tradizione socialdemocratica, a spuntarla è stato ancora una volta il Partito Socialdemocratico, seppur ottenendo il peggior risultato elettorale della sua storia, con il 28,4% delle preferenze. Staccati di poco più di otto punti i conservatori del Partito Moderato, le cui origini attecchivano su posizioni fortemente nazionaliste ma che nell'ultimo scorcio dello scorso secolo si è attestato su posizioni più liberali. Il pericolo maggiore per la stabilità dell'assetto politico svedese veniva, appunto, dai Democratici Svedesi di Jimmie Åkesson, il movimento apertamente ostile alle immigrazioni ed euroscettico. Gli exit poll, infatti, prevedevano una cavalcata quasi trionfale i DS, forse non tale da insidiare le traballanti sicurezze dei Socialdemocratici ma comunque in grado di conseguire numeri da far pesare all'interno del Riksdag, la camera legislativa nazionale. Alla fine Sverigedemokraterna ottiene il 17,6 per cento dei voti, il 4,7% in più rispetto alla tornata del 2014, confermandosi con buon margine come terza forza del panorama politico, ma ben lontana dai risultati sperati alla vigilia dello spoglio. Sull'altro versante, tuttavia, i numeri incassati dai Socialdemocratici - in combinazione con i risultati della coalizione di centrosinistra, sommando un totale di 144 seggi - non permettono di disegnare un governo monocolore. Il centrodestra, infatti, porta a casa 143 seggi, pur senza l'apporto dei Democratici Svedesi, in un ‘alleanza più volte esclusa tanto alla vigilia che al termine delle elezioni. L'ipotesi Grosse Koalition sembra così profilarsi all'orizzonte, nonostante le difficoltà date dai numeri che nemmeno in questo caso garantirebbero la maggioranza dei seggi necessaria alla stabilità amministrativa. Un ostacolo aggirabile, magari includendo nell'alleanza i movimenti centristi, ma che in ogni caso non incute quelle preoccupazioni che, in caso di exploit della destra DS, avrebbero scosso il termometro politico svedese, nonché la credibilità e la solidità di oltre un secolo di storia politica.