
Napoli. Nuovo appello del governatore campano Stefano Caldoro per una modifica del decreto sui debiti della Pubblica Amministrazione improntata a criteri di maggiore equità. «Questo decreto così com'è non va bene - ha ribadito ieri a margine di un incontro sulla legalità organizzato in Regione - e va cambiato. Le finalità sono giuste e le condividiamo: bisogna pagare i lavoratori e le imprese devono avere le risorse per non licenziare. Purtroppo però è stato scritto in maniera sbagliata, nel senso che aiuta chi è più ricco di partenza, non chi è più bravo e più virtuoso, ma chi ha i soldi in cassa e i soldi ce li hanno i comuni di alcune aree del Paese che godono di 150 anni di divario economico ». Il governatore ha proposto anche una soluzione condivisa con la maggior parte dei parlamentari eletti al Sud: «Penso - ha dichiarato - a tesoreria e centrale pagamenti uniche. In questo modo la priorità spetterebbe a quei territori dove le imprese attendono da più tempo e dove l'indebitamento produce maggiori danni in termini di interessi e oneri finanziari. Di sicuro non si può neppure ipotizzare di aumentare l'Irpef, sarebbe una follia. Le coperture vanno assicurate con il bilancio ordinario e con il patrimonio ». Qualcuno potrebbe obiettare che così si penalizzano gli enti virtuosi. «Sarebbe un'analisi superficiale. Le faccio un esempio. Nella classifica delle città più indebitate Milano e Torino precedono Napoli e Catania. La differenza, però, è che al Nord le entrate sono superiori perché il reddito pro capite è molto più alto. C'è un incolmabile divario della capacità fiscale, strutturale, quasi secolare. Di conseguenza anche i tempi di attesa delle imprese sono ridotti. Ecco perché un'azienda titolare di appalti sia al Nord che al Sud, minaccia di chiudere i cantieri nelle regioni del Mezzogiorno e non altrove. Poi sia chiaro: riconoscere le performance delle pubbliche amministrazioni rimane per me una sfida centrale, sempre ». Infine ha concluso: «Non chiediamo soldi o assistenza non dovuti, ma solo equità. E questo non è un richiamo, ma un lavoro comune che dobbiamo fare come istituzioni locali assieme ai parlamentari del Mezzogiorno per difendere le nostre ragioni ».