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Roma. Sono stati comunicati dal Ministero del Lavoro i dati definitivi sui movimenti dei rapporti di lavoro nel periodo Gennaio-Luglio 2015, al netto dei settori del lavoro domestico e della Pubblica Amministrazione. I dati mostrano un saldo positivo di 1.136.172 nuovi posti di lavoro nei primi sette mesi del 2015 (differenza tra attivazioni e cessazioni), con un incremento del 13,2% rispetto allo stesso periodo del 2014. Analizzando il dato, per quanto riguarda i rapporti a tempo indeterminato, che rappresentano il 10,3% del totale, rispetto all'anno scorso le attivazioni di nuovi contratti sono aumentate del 39,3% contro il 5,3% delle cessazioni, il che ha invertito la rotta negativa del 2014 (-137.585 posti) e avviato finalmente a un trend positivo di +117.498 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato. A questi si aggiungono circa 210.260 trasformazioni di contratti a tempo determinato in tempo indeterminato (150.462 del 2014), con un sensibile aumento che sfiora così il 40%. Sommando, quindi, il saldo fra attivazioni e cessazioni e le stabilizzazioni di contratti da tempo determinato in fisso, i primi 7 mesi del 2015 hanno portato a ben 327.758 posti fissi in più. Il grosso dei nuovi rapporti di lavoro (87% del totale) continua ad arrivare dai contratti a tempo determinato, rimasto pressoché costante rispetto al 2014 e quantificabile in circa 1 milione di nuovi posti di lavoro, mentre sono calati del 13,8% i contratti di apprendistato (38.346 contro i 66.571) e del 15% quelli di collaborazione (33.068 contro 26.921). Infine, calano del 21,7% le forme di lavoro classificate nella voce "Altro" (contratti di inserimento lavorativo, contratto di agenzia a tempo determinato e indeterminato, contratto intermittente a tempo determinato e indeterminato, lavoro autonomo nello spettacolo) e che rappresentano il 2% dei nuovi contratti stipulati.

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Sud a forte rischio di "desertificazione industriale", con la conseguenza che l'assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe trasformare la crisi, per natura ciclica, in un sottosviluppo permanente. Lo si legge nel Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2015. "Dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13%, la metà della Grecia al 24%, oltre 40 punti percentuali in meno rispetto alla media delle regioni Convergenza dell'Europa a 28, pari al 53,6%". L'Italia nel suo complesso è stato il Paese con meno crescita dell'area euro a 18 con il 20,6% a fronte di una media del 37,3%. Dal 2008 al 2014 il settore manifatturiero al Sud ha infatti perso il 34,8% del proprio prodotto, contro un calo nazionale del 16,7% e ha più che dimezzato gli investimenti (-59,3%), tanto che nel 2014 la quota del valore aggiunto manifatturiero sul Pil è stata pari al Sud solo all'8%, ben lontano dal 17,9% del Centro-Nord. Persino le esportazioni, che nel Centro-Nord salgono del 3%, al Sud crollano del 4,8%. Il Sud sconta inoltre un forte calo sia dei consumi interni che degli investimenti industriali. I consumi delle famiglie meridionali sono infatti ancora in discesa, arrivando a ridursi nel 2014 dello 0,4%, a fronte di un aumento del +0,6% nelle regioni del Centro-Nord. Se si guarda dall'inizio della crisi al Sud i consumi sono scesi del 13,2%, oltre il doppio che nel resto del paese. Anche peggiore la situazione degli investimenti che nel 2014 scendono di un ulteriore 4%, portando il dato dal 2008 a un calo del 38%, con picchi del 59% per l'industria, del 47% per le costruzioni e del 38% nell'agricoltura. Non è immune dal crollo nemmeno la spesa pubblica. A livello nazionale dal 2001 al 2013 la spesa pubblica in conto capitale è infatti diminuita di oltre 17,3 miliardi di euro da 63,7 miliardi a 46,3 ma al Sud il calo è stato di 9,9 da 25,7 a 15,8. Scendono soprattutto al Sud i trasferimenti in conto capitale a favore delle imprese pubbliche e private: tra il 2001 e il 2013 si è registrato un calo del 52%, pari a oltre 6,2 miliardi di euro. "Un Paese diviso e diseguale, dove il Sud è la deriva e scivola sempre più nell'arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%) e il Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud nel 2014 ha toccato il punto più basso degli ultimi 15 anni, con il 53,7%". In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 53,7% del valore nazionale, un risultato mai registrato dal 2000 in poi. Lo scorso anno infatti quasi il 62% dei meridionali ha guadagnato meno di 12 mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Nel dettaglio a livello nazionale, il Pil è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno. A livello di regioni il divario tra la più ricca, Trentino Alto-Adige con oltre 37 mila euro, e la più povera, la Calabria con poco meno di 16 mila euro, è stato di quasi 22 mila euro, in crescita di 4 mila euro in un solo anno. Tutto questo si riflette nel rischio povertà che coinvolge una persona su tre al Sud e solo una su dieci al Nord. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%) ma in generale al Sud è aumentata rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord. "Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l'Unità d'Italia: il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili". Sono le previsioni contenute nel Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2015. "Il numero degli occupati nel Mezzogiorno, ancora in calo nel 2014, arriva a 5,8 milioni, il livello più basso almeno dal 1977, anno di inizio delle serie storiche Istat". Lo Svimez sottolinea che il prezzo più alto è pagato da donne e giovani. Infine dal rapporto Simez emerge il rischio povertà coinvolge una persona su tre al Sud e solo una su dieci al Nord. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%) ma in generale al Sud è aumentata rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord.

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Roma. L'Italia si conferma sempre più il paese della disoccupazione. E' quanto si evince dall'Emplyment Outlook elaborato periodicamente dall'Ocse: secondo gli ultimi dati, la disoccupazione ha raggiunto nello stivale la soglia record del 12,7% nel 2014, aumentando di ben sei punti percentuali rispetto allo stesso periodo di 8 anni fa (6,1%). Si impenna anche l'incidenza della disoccupazione di lungo periodo. Particolarmente critico il dato della disoccupazione giovanile, che nel 2014 è arrivata al 42,7% (+2,7% rispetto al 2013). In crescita anche i lavoratori under 25 con contratti precari (56% nel 2014). Nel 2016, secondo le stime Ocse, la disoccupazione dovrebbe far registrare una prima discesa.

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Roma. Il comparto edile continua a vivere in uno scenario di grave contrazione delle dinamiche produttive, risentendo di due fattori che combinati insieme condizionano le possibilità di invertire la tendenza in atto ormai da troppo tempo: da un lato il brusco calo degli investimenti; dall'altro la persistenza dell'atteggiamento restrittivo nell'erogazione del credito da parte delle banche soprattutto verso le piccole imprese (che rappresentano di fatto la parte prevalente del tessuto imprenditoriale del comparto). L'ennesima conferma arriva dallo studio della Banca d'Italia dedicato alle economie regionali diffuso nei giorni scorsi. «In Campania - scrive la Banca d'Italia - secondo le stime di Prometeia - il valore aggiunto a prezzi costanti del settore delle costruzioni si è nuovamente ridotto nel 2014 (-5,3% rispetto all'anno precedente, -11,2 nel 2013). Tra il 2008 e il 2013 il calo è stato pari al 7,8% in media d'anno ». Se si analizza la dinamica delle erogazioni alle filiere produttive, il comparto delle costruzioni risulta tra quelli in permanente difficoltà. La flessione del credito è risultata diffusa tra i principali settori ampliandosi per le sole imprese manifatturiere (da -1,3 a -2,3%). Ma il quadro è molto diversificato tra i diversi comparti. «Hanno ripreso a crescere - spiega la Banca d'Italia - i finanziamenti alle imprese dell'industria alimentare, tessile e della fabbricazione di raffinati del petrolio, di prodotti chimici e farmaceutici (pari complessivamente al 45% del totale dei prestiti del settore manifatturiero nel 2013) a fronte di un ampliamento della flessione dei prestiti per le imprese operanti nel comparto metallurgico e di una contrazione per quello dei mezzi di trasporto, dei prodotti in gomma e plastica e di quelli elettronici che avevano registrato un'espansione nel 2013 ». E' in questo contesto che assumono particolare rilievo le difficoltà della filiera dell'edilizia. «Il credito concesso alle società di costruzione ha continuato a flettere nel 2014, anche se a ritmi inferiori rispetto all'anno precedente (-2,8%, dal -3,6 di fine 2013) ».

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Roma. In seguito all'esito negativo del tentativo di conciliazione esperito a Roma, lo scorso 2 luglio, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l'Usb ha proclamato lo sciopero di 12 ore per tutto il personale delle navi passeggeri e da carico, il giorno 16 luglio. Lo sciopero viene proclamato a seguito della mancata convocazione per il rinnovo del contratto nazionale Federinea e Confitarma. Lo sciopero sarà così articolato: inizio sciopero due ore prima della partenza per i collegamenti delle isole maggiori. Per le isole minori, lo sciopero sarà dalle ore 00.00 alle 12.00 del 16 luglio. Intero turno lavorativo per il personale amministrativo inclusi i turnisti. "Gravissima l'assenza - recita una nota ufficiale - di Federlinea e Confitarma al tavolo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il 2 luglio a Roma. Strumentale, discriminatoria ed irresponsabile, la motivazione dell'assenza che ha obbligato il Ministero a chiudere negativamente il tentativo di raffreddamento con Usb. Ora l'azione passa ai lavoratori chiamati ad uno sciopero storico che possa rimettere in discussione un contratto nazionale che "altri" hanno già accettato senza minimamente pensare all'arretramento normativo imposto a chi lavora in questo settore e soprattutto passa gran parte della vita lavorativa in mare. Prima dei soldi, quattro spiccioli per la verità, c'è la dignità e il rispetto dei lavoratori tutelati ormai da un vecchio contratto che i nuovi armatori vogliono stracciare e superare con un "nuovo" contratto che riporta i marittimi ai livelli infami degli anni '60 del secolo scorso. Usb chiede il referendum sul contratto e prima, almeno uno straccio di trattativa con i lavoratori veri, quelli che buttano il sangue e il sudore sulle navi. Ma a quanto pare agli armatori, bravi a fare i "privati" con i soldi pubblici, piace giocare facile con burocrati sindacali pronti a firmare ogni loro pretesa senza nessun tipo di opposizione, senza nemmeno guardare alla vera rappresentatività dimostrata dagli iscritti al sindacato. Bloccare la flotta il 16 luglio servirà a dimostrare, come in Germania, che i lavoratori dei trasporti quando alzano la testa e scioperano possono ancora contare e farsi rispettare".

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Caserta. Fumata bianca nel pomeriggio di ieri, nel corso dell'incontro in programma al Ministero dello sviluppo economico: Whirlpool e i sindacati Fim, Fiom e Uilm hanno infatti approvato l'accordo per scongiurare la chiusura, tra gli altri, dell'impianto di Carinaro, nel casertano. Il piano industriale con cui la multinazionale americana vuole rilanciare la produzione italiana dei siti ex Indesit è stato finalmente condiviso da azienda e parti sociali, dopo un lungo braccio di ferro durato 5 mesi. Nel nuovo programma è contenuta la previsione relativa al reintegro di tutti gli esuberi inizialmente previsti, nonché il mantenimento dei siti di Carinaro e None. L'azienda si è tra l'altro impegnata a non licenziare fino al 2018, grazie ad un piano di esodi e trasferimenti incentivati, ad una ricollocazione e riqualificazione professionale per gli impiegati ed all'utilizzo della cassa integrazione e dei contratti di solidarietà. Ora l'accordo dovrà passare attraverso il voto degli operai.