"Non c'è stato bisogno del Cnel, in una democrazia libera". Questo è quanto afferma il Direttore editoriale della testata "Strade" Piercamillo Falasca, nonché consigliere economico presso il Ministero degli Affari Esteri. Il Consiglio Nazionale per l'Economia e il Lavoro, in effetti, nei suoi 57 anni di attività non ha alle spalle una grande mole di lavoro. Parliamo infatti di 14 disegni legge proposti - tutti ignorati dal Parlamento - 96 pareri, 350 testi di Osservazioni e Proposte, 270 Rapporti e Studi, 90 Relazioni, 130 Dossier che raccolgono gli atti di convegni ospitati al Cnel e 20 Protocolli e Collaborazioni istituzionali. Eppure esso è un organo con facoltà legislativa previsto dalla Costituzione, precisamente dall'articolo 99. Nato per volontà dei Padri Costituenti, il Cnel è un organismo di consulenza per il Parlamento e il Governo che tratta tematiche economiche e sociali. Il suo scopo era quello di far giungere in Parlamento proposte di legge già approvate dalle forze sociali che poi dovevano applicarle, in una sorta di ottica corporativistica tipica degli anni '30. In effetti esso ricalca le forme del Consiglio Nazionale delle Corporazioni voluto da Mussolini nel 1926. Fortunatamente, nel corso degli anni le varie parti sociali hanno trovato strade molto più dirette e semplici per farsi ascoltare dalla classe politica, pertanto la sua funzione è sempre rimasta marginale. Inizialmente composto da 121 consiglieri, il Cnel è stato oggetto negli anni di un processo di "spending review" teso anche a valorizzare le sue funzioni, che lo ha portato al numero di 64 dipendenti che possiamo suddividere così: 10 esperti di cultura economica, sociale e giuridica di cui 8 nominati dal Presidente della Repubblica e 2 dal Presidente del Consiglio dei Ministri, 48 rappresentanti delle categorie produttive (22 per il lavoro dipendente, 3 per i dirigenti e quadri pubblici e privati, 9 per il lavoro autonomo e 17 per le imprese), 6 rappresentanti delle Associazioni di Promozione Sociale e Volontariato, 3 proposti dall'Osservatorio Nazionale dell'associazionismo e 3 dall'Osservatorio nazionale per il volontariato. Fanno parte del Cnel molti leader o ex leader delle sigle sindacali più importanti d'Italia come Susanna Camusso, Luigi Angeletti e Guglielmo Epifani. Essi rimangono in carica per 5 anni e possono essere riconfermati. Tra i più agguerriti nemici del Cnel non ci sono soltanto il Premier Renzi e alcuni esponenti dell'NCD, ma anche numerosi giornalisti che in diverse inchieste hanno sottolineato la spropositata cifra che quest'organismo costituzionale costa all'Italia, senza considerare i sostanziosi premi di produttività riconosciuti ai suoi dirigenti. Di fatti la "Terza Camera dello Stato" - così viene talvolta definita - ha avuto fino al 2010 un costo annuo di circa 18,2 milioni di euro, comprensivo di 160 mila euro l'anno di indennità per il suo Presidente e di un gettone di presenza di 2.154 euro al mese per i suoi Consiglieri, ai quali basta assistere a pochi minuti di assemblea mensile per non perdere questo prezioso benefit. Il progressivo svuotamento delle poltrone , dovuto anche alle minacce di soppressione che da anni si abbattono come una scure sull'Ente, ha fatto sì che nel 2015, il costo dell'organo si sia assestato intorno agli 8,7 milioni di euro. Tale dato ha smentito l'annuncio del Ministro Maria Elena Boschi, la quale ha sostenuto che la soppressione del già decimato Cnel determinerà un risparmio di 20 milioni di euro annui per le casse dello Stato. A lavorare per il Cnel senza stipendio e per spirito di servizio - secondo il Vice Presidente Gian Paolo Gualaccini - sono rimasti attualmente soltanto 24 Consiglieri. Le uniche spese riguardano il personale, tra i 4 e i 5 milioni di euro all'anno, e il mantenimento della splendida Villa Lubin, sede del Consiglio, di circa 3 milioni. I sostenitori del No non si oppongono alla soppressione del Cnel tout court, ma sottolineano l'importanza dell'organo che custodisce l'Archivio nazionale dei Contratti collettivi di lavoro, gli accordi di contrattazione collettiva, nazionale ed integrativa, sia del settore privato sia di quello pubblico, e alcune importanti banche dati come quella sull'immigrazione, sul mercato del lavoro, sulle statistiche territoriali, nonché la banca dati sulle professioni non regolamentate. Essi sostengono che il Cnel sia un baluardo della democrazia economica che delinea la programmazione del mercato, affinché quest'ultimo non contrasti con le finalità sociali che lo Stato deve garantire: senza programmazione, infatti, sarà il mercato a gestire in toto domanda ed offerta.