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Milano. Amazon ha annunciato 1700 posti di lavoro a tempo indeterminato in Italia entro la fine dell'anno, permettendole di superare i 5.200 dipendenti, dai 3.500 di fine 2017. Queste nuove opportunità di lavoro sono destinate a persone con ogni tipo di esperienza, istruzione e livelli di competenza, dagli ingegneri e sviluppatori di software agli operatori di magazzino. Molti dei ruoli sono disponibili nei nuovi centri di distribuzione che sono stati aperti nell'autunno 2017 a Passo Corese (RI) e a Vercelli così come nel centro di distribuzione Amazon già esistente a Castel San Giovanni (PC), nel Customer Service di Cagliari, nel Centro di Sviluppo di Torino e nella nuova sede direzionale a Milano. Dal 2010 Amazon ha investito oltre 1,6 miliardi di euro per sviluppare le sue attività in Italia. Mariangela Marseglia, Country Manager Amazon.it e Amazon.es, ha dichiarato: "Siamo impegnati a investire in Italia per migliorare continuamente i servizi che offriamo ai nostri clienti e per portare innovazione, in tutta Europa e in Italia, attraverso la ricerca e lo sviluppo in particolare negli ambiti del Machine Learning e della Robotica. Nel 2018 - conclude Marseglia - 1.700 nuovi dipendenti rafforzeranno i nostri team italiani per assicurare ai nostri clienti consegne più veloci, una selezione più ampia e maggiore convenienza".
Recentemente Amazon si è trasferita nella nuova sede di Milano che ospiterà oltre 600 dipendenti a tempo indeterminato entro la fine dell'anno. Il nuovo edificio, composto da due strutture - di 9 e 6 piani per un totale di 17.500 mq nel cuore del distretto di Porta Nuova - offre un ambiente ideale per attrarre e trattenere i migliori talenti e supportare la crescita. Amazon è alla ricerca di un'ampia molteplicità di posizioni corporate e Amazon Web Services, dagli account manager retail, agli specialisti del cloud, fino agli account manager che aiutano le piccole e medie imprese (PMI) ad aumentare le loro vendite su Amazon; così come ingegneri, solution architect, tech evangelist e molti altri. Amazon continua, inoltre, ad assumere per il suo Centro di Sviluppo a Torino focalizzato sulla ricerca sul riconoscimento vocale e la comprensione del linguaggio naturale che supporterà la tecnologia già utilizzata per l'assistente vocale Alexa per servizi e prodotti come Amazon Echo, Echo Dot, Amazon Fire TV e i tablet Amazon Fire. Dopo l'apertura di due nuovi centri di distribuzione a Passo Corese e Vercelli e di cinque depositi di smistamento in tutta Italia nel 2017, Amazon ha aperto quest'anno tre nuovi depositi di smistamento - a Buccinasco (Milano), Burago (Monza e Brianza) e Roma - e aprirà un nuovo centro di smistamento a Casirate (Bergamo). Oltre all'assunzione di responsabili operativi, ingegneri, specialisti nelle risorse umane, specialisti IT e di operatori che prelevano, imballano e spediscono gli ordini dei clienti, l'azienda sta assumendo anche ruoli altamente qualificati per il Tech Center di Vercelli focalizzati sul l'implementazione di processi tecnologici dei nostri centri di distribuzione. Fred Pattje, Amazon Operations Director per l'Italia e la Spagna, ha dichiarato: "La continua creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato nei nostri centri di distribuzione e il nuovo Tech Hub a Vercelli sono una dimostrazione dell'impegno di Amazon in Italia. Questa espansione ci consentirà di migliorare ulteriormente il nostro servizio ai clienti e alle piccole imprese italiane che utilizzano il nostro sito web per far crescere i loro ricavi in Europa. Allo stesso tempo, Amazon si impegna a garantire un ambiente di lavoro ottimale per i dipendenti, con opportunità di sviluppo professionale, retribuzioni competitive e benefit".
Tutti i dipendenti Amazon che lavorano nei centri di distribuzione, nel customer service o negli uffici corporate ricevono una retribuzione competitiva e un pacchetto completo di benefit, compresa l'assicurazione medica privata dal primo giorno di lavoro, assicurazione sulla vita, uno sconto per acquisti su Amazon e un piano pensionistico aziendale. Amazon offre inoltre ai dipendenti dei centri di distribuzione un programma innovativo chiamato Career Choice che copre per quattro anni fino al 95% dei costi della retta e dei libri per corsi di formazione scelti dal personale, fino ad un massimo di 8.000 euro. Quest'anno Amazon è stata indicata da Universum come uno dei "Datori di lavoro più attrattivi" in Italia. La classifica è stata stilata in base alle risposte di oltre 38.000 studenti in 44 diverse università italiane, e Amazon ha ottenuto il 4° posto tra tutte le aziende italiane secondo gli studenti del settore business, salendo di 6 posizioni rispetto allo scorso anno, e il 7° posto per gli studenti di ingegneria. Accanto ai nuovi ruoli che l'azienda sta creando, Amazon continua a sostenere imprenditori e individui che desiderano avviare la propria attività, digitalizzarne una esistente o aumentare le proprie entrate attraverso programmi come Vendi su Amazon e Logistica di Amazon. Oltre 10.000 lavori sono creati da attività commerciali terze per sostenere le loro attività di vendita su Amazon. Venditori indipendenti offrono su Amazon una varietà di prodotti nuovi, usati, rinnovati e da collezione. Gli artigiani possono vendere le proprie creazioni originali alle centinaia di milioni di clienti Amazon in tutto il mondo, utilizzando il negozio Handmade. Il negozio Made in Italy apre le porte dei laboratori artigiani in Toscana, Sardegna, Calabria, Campania, Piemonte, Sicilia e nelle province di Bergamo e Vicenza ai clienti di Amazon.it, Amazon.fr, Amazon.es, Amazon. de, Amazon.co.uk, Anmazon.com e Amazon.jp.

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Roma. Un'amatriciana per sostenere la ricostruzione. Anche i ristoratori si impegnano nella solidarietà. La Confesercenti che raccoglie le adesioni di oltre 350 mila imprese in Italia, propone insieme all'associazione "Città del Vino" una iniziativa per la raccolta di fondi a sostegno mirato del commercio e delle attività commerciali colpite dal sisma dei giorni scorsi. Un'"Amatriciana per Amatrice", evento al quale possono aderire tutti i ristoratori senza alcuna distinzione, avrà luogo dal 12 al 16 Settembre 2016; durante questi giorni, i ristoranti aderenti l'iniziativa, potranno presentare il famoso piatto, ormai simbolo della cucina laziale, devolvendone i proventi della vendita alla ricostruzione ed al sostegno del commercio nelle aree colpite dal sisma. La presenza di una locandina nel ristorante, sarà garanzia di serietà e di sicurezza nella destinazione delle somme incassate. Per aderire sarà sufficiente registrarsi online su www.unamatricianaperamatrice.it per ottenere le locandine ed il materiale informativo relativo alla procedura da adottare, in italiano e presto anche inglese. "Il sisma ha colpito oltre 500 imprese tra ristoranti, attività commerciali e ricettive. Spesso piccole e medie imprese storiche, di assoluta rilevanza culturale: la pasta all'amatriciana non è solo il simbolo di Amatrice, ma uno dei piatti più popolari al mondo, che è nato proprio dal saper fare secolare di questo territorio", spiega Massimo Vivoli, Presidente di Confesercenti Nazionale. "Per questo, insieme a Città del Vino, abbiamo ritenuto che ben rappresentasse lo spirito del progetto, che vuole affiancarsi alle tante iniziative di solidarietà arrivate da tutto il mondo, dando un contributo mirato al sostegno degli imprenditori dei comuni colpiti e alla tutela delle tradizioni di cui sono interpreti". "Siamo vicini agli abitanti di Amatrice, Accumoli, Arquata, Pescara del Tronto e delle altre zone colpite dal sisma - commenta il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon -. Insieme a Confesercenti stiamo organizzando questa iniziativa di raccolta fondi attraverso una ricetta simbolo del made in Italy: l'Amatriciana, un piatto famoso in tutto il mondo, fortemente identitario, capace di esprimere la cultura di un territorio con la stessa forza evocativa di un vino. L'obiettivo è di sviluppare un progetto nel campo della ristorazione e della gastronomia per ricreare occupazione e dare speranza alla popolazione dei territori colpiti, partendo dall'esperienza positiva del polo agroalimentare del Parco del Gran Sasso, che aveva sede proprio ad Amatrice".

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Non ritorna il sereno sulla Scuola Pubblica italiana dopo gli scioperi con scontri e feriti dello scorso 14 Novembre. Ulteriori tegole si abbattono sul già congestionato sistema scolastico. A pochi giorni dalla partenza della cosiddetta "Fase C" - grazie alla quale 48.794 docenti, sui 55.258 previsti, hanno ricevuto una proposta di assunzione a tempo indeterminato - ancora non sono stati resi noti gli aggiornamenti sulle graduatorie di Istituto e sulle graduatorie ad esaurimento di terza fascia. In parole povere i supplenti docenti chiamati a lavorare in attesa dell'"avente diritto", rimangono sospesi in una sorta di limbo: proseguono ad insegnare ma potrebbero andare via ad anno scolastico già avviato, da un momento all'altro. Inizialmente tali graduatorie, secondo il Miur, avevano il 20 Ottobre come data ufficiale di pubblicazione, ma ancora oggi non si sa nulla. Le uniche ad essere state rese note, in concomitanza con le assunzioni della fase C, sono quelle di seconda fascia, aggiornate con i nominativi dei docenti che hanno conseguito l'abilitazione durante il II ciclo del Tfa (Tirocinio Formativo Attivo: uno dei percorsi abilitanti all'insegnamento). I docenti supplenti, a cui si aggiunge il personale Ata, supplente a sua volta, si trova ad affrontare un sacrificio economico non indifferente fatto di affitti, spese di spostamento per raggiungere la sede di lavoro, di precarietà snervante a cui si aggiunge la mancata corresponsione degli stipendi dal mese di Settembre. Sì, perché ad effettuare la retribuzione dei docenti e del personale Ata supplente non è direttamente il Miur, come accade per il personale di ruolo, ma il Mef - Ministero dell'Economia e delle Finanze - che ogni anno lamenta di problemi tecnici e lungaggini burocratiche che fanno slittare la pubblicazione dei sudati cedolini di pagamento anche di tre o quattro mesi. Lo scorso 10 Novembre il Ministero dell'Istruzione aveva reso noto che entro lunedì 16 Novembre sarebbero state predisposte delle Emissioni speciali che avrebbero garantito entro la fine del mese ai lavoratori precari della Scuola la retribuzione di Settembre ed Ottobre scorsi, ma ad oggi nessun cedolino online è comparso sul portale NoiPa. I Sindacati sono tutti sul piede di guerra poiché - come già sottolineato - è una situazione recidiva e in particolar modo l'Anief ha predisposto un modulo da compilare per la diffida e messa in mora dei pagamenti spettanti. "Ero partita il 15 Ottobre scorso da un piccolo paesino della Provincia di Potenza alla volta di Belluno per un sostegno fino ad avente diritto, convinta che entro massimo fine mese avrei saputo se si trattava di un incarico annuale o di una supplenza breve - spiega Caterina, docente di terza fascia laureata in Lingue - e adesso mi ritrovo qui con casa in affitto senza sapere se da un giorno all'altro andrò via e per giunta senza ricevere stipendio. Per questa supplenza ho rinunciato al mio sussidio di disoccupazione che paradossalmente mi viene erogato puntualmente. A questo punto non accettare il lavoro sarebbe stato per me più agevole e redditizio". Purtroppo le segreterie degli Istituti e i vari Istituti scolastici provinciali non sanno fornire adeguate delucidazioni in merito: voci parlano di una presunta modifica delle modalità di erogazione dei pagamenti, ma all'atto pratico tutto sembra invariato. "Anche in passato, mi è successo di ricevere con gran ritardo il mio stipendio da supplente - spiega Valentina, collaboratrice scolastica supplente con contratto a tempo determinato - e vivendo soli fuori casa diventa problematico far fronte alle spese ma è anche umiliante dal punto di vista psicologico. Oltre ad avere i giorni contati, i nostri contratti sembrano perdere ulteriormente il loro valore perché non ci consentono di vivere dignitosamente nonostante l'impegno lavorativo profuso. Penso inoltre anche alle condizioni degli studenti: non solo si trovano ad affrontare un cambio di docente ad inizio anno scolastico, ma rischiano di affrontarne uno ulteriore ad anno scolastico inoltrato. Non solo dovranno adattarsi ad un nuovo stile educativo, ma anche umanamente ad un'altra presenza: tutto ciò a mio avviso si ripercuote sulla qualità dello studio e dell'apprendimento della classe". Tutti gli scontenti e i precari della scuola vanno ad ingrossare le fila del prossimo sciopero generale del comparto scolastico e del pubblico impiego previsto per venerdì 20 Novembre e organizzato dall'Usb. I manifestanti scenderanno in Piazza in tre grandi città italiane: Roma, Napoli e Milano. Le motivazioni della contestazione non riguarderanno soltanto le criticità del sistema scolastico ma anche la legge di stabilità - in questi giorni al varo delle Camere - e la proposta di rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Nonostante le difficoltà prevedibili per l'applicazione di un piano scolastico ambizioso e radicale come quello proposto dalla "Buona Scuola", il quale propone addirittura un nuovo percorso di abilitazione triennale per i docenti che verranno assunti nelle scuole solo tramite concorso, troppi ancora risultano i disagi che la classe lavoratrice del settore deve affrontare per poter inserirsi a pieno titolo. Non si tratta soltanto di iper-professionalizzazione della categoria, ma anche - come abbiamo visto - di svilimento della dignità di uno dei lavori che dovrebbe essere alla base della formazione dell'uomo e del cittadino.

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Roma. Per il diritto al contratto di lavoro e per le assunzioni, Usb scende in piazza. "La misura - recita una nota ufficiale del sindacato - è colma da tempo e non si può accettare che i diritti di tutti i lavoratori possano essere ancora calpestati da una politica che, "serva dell'Europa", da tempo ci impone una serie di restrizioni che ogni giorno pesano sempre di più sul nostro futuro. La nostra categoria è, come tutto il mercato del lavoro, sotto una morsa depressiva che basandosi su una "finta produttività" distrugge di fatto il welfare del paese. L'imposizione dell'azzeramento del bilancio pubblico taglia la possibilità di investimento dello stato verso le aziende e crea uno scontro fratricida tra i lavoratori pubblici e privati. La nuova "carta del mercato" crea un clima pesante dove la vera parte produttiva del paese, i lavoratori, sono costretti a cedere sempre più consistenti diritti a "favore" della permanenza nei luoghi di lavoro. Siamo ormai alla macelleria sociale, al tutti contro tutti, dove solo USB rappresenta il sindacato vero. La grande multinazionale Cgil-Cisl-Uil ha troppi interessi diretti di mercato per poter ricordare la sua "antica" natura di sindacato. Questa multinazionale dei servizi è affianco del governo reggendogli il gioco. Lo vediamo, palesemente, dal fatto che hanno abbandonato la lotta... la piazza ormai per loro non esiste! Dobbiamo dire basta e rovesciare il tavolo dove la politica banchetta e noi lavoratori paghiamo il conto, dopo che li abbiamo anche serviti. Dobbiamo pretendere quello che ci spetta di diritto perché sono i lavoratori la spina dorsale del paese. Basta con riforme pensionistiche che servono solo per non rigenerare i posti di lavoro... è tempo di assunzioni. E' tempo di investimenti consistenti, perché i nostri servizi sono la risorsa sociale del Paese. Dobbiamo tutti difendere il patrimonio collettivo che è la nostra unica ancora di salvezza. Basta con una politica che distrugge l'istruzione, la salute e la salvaguardia. Dobbiamo unirci tutti noi lavoratori e dire basta con forza ed unione di classe. Riprendiamoci quello che è nostro... il futuro! Il 16 ottobre - si chiude il comunicato - USB davanti al ministero della "spending review" griderà, attraverso la voce dei lavoratori, il proprio NO a questa politica. Chiedendo contratti e assunzioni!"

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Milano. Da dove ripartire per rifare sviluppo? Turismo e agroalimentare, binomio vincente per l'Italia. Oggi i territori italiani con i tassi di occupazione più alti sono caratterizzati da una specializzazione produttiva turistica o agroalimentare. Tra i primi 30 sistemi locali del lavoro per tasso di occupazione, ben 13 hanno una specializzazione produttiva legata al turismo: da Bressanone a Vipiteno e Ortisei, in provincia di Bolzano, a Bormio, in provincia di Sondrio. E 5 sono a vocazione agroalimentare: da Brunico ed Egna, a Bolzano, a Borgo San Lorenzo (Firenze) e Alba (Cuneo). Sono esperienze da cui si può e si deve ripartire per rifare sviluppo. Indicano che la filiera del cibo ‒ dalla produzione alla distribuzione, al consumo ‒ è oggi un formidabile moltiplicatore di opportunità per i territori: agroindustria, ristorazione, turismi diventano le componenti di nuove ibridazioni tra i patrimoni enogastronomici, culturali, paesaggistici, storici dei territori. Nel primo semestre del 2015 l'occupazione nei servizi di alloggio e ristorazione è cresciuta in Italia del 5,4% rispetto al primo semestre del 2013 (+7,4% nelle regioni meridionali). E negli ultimi tre anni c'è stato un vero e proprio boom di aziende agricole (+48,5%, sono quasi 113.000), soprattutto di quelle che affiancano all'attività agricola altre attività come la produzione di energia rinnovabile (+602%), la lavorazione dei prodotti (+98%) o fanno agriturismo (+16%). Vincono i territori che si fanno riconoscibili e incarnano la good reputation del made in Italy per il mondo, intercettando la domanda globale di tracciabilità e autenticità. Intanto decolla il turismo: quasi 900.000 visitatori in più nei primi cinque mesi del 2015 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (35,7 milioni di arrivi) e oltre 2 milioni in più rispetto ai primi cinque mesi del 2013. E' quanto emerge dalla ricerca «Il futuro dei territori. Idee per un nuovo manifesto per lo sviluppo locale » realizzata dal Censis per il Padiglione Italia di Expo 2015.

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Roma. Sono stati comunicati dal Ministero del Lavoro i dati definitivi sui movimenti dei rapporti di lavoro nel periodo Gennaio-Luglio 2015, al netto dei settori del lavoro domestico e della Pubblica Amministrazione. I dati mostrano un saldo positivo di 1.136.172 nuovi posti di lavoro nei primi sette mesi del 2015 (differenza tra attivazioni e cessazioni), con un incremento del 13,2% rispetto allo stesso periodo del 2014. Analizzando il dato, per quanto riguarda i rapporti a tempo indeterminato, che rappresentano il 10,3% del totale, rispetto all'anno scorso le attivazioni di nuovi contratti sono aumentate del 39,3% contro il 5,3% delle cessazioni, il che ha invertito la rotta negativa del 2014 (-137.585 posti) e avviato finalmente a un trend positivo di +117.498 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato. A questi si aggiungono circa 210.260 trasformazioni di contratti a tempo determinato in tempo indeterminato (150.462 del 2014), con un sensibile aumento che sfiora così il 40%. Sommando, quindi, il saldo fra attivazioni e cessazioni e le stabilizzazioni di contratti da tempo determinato in fisso, i primi 7 mesi del 2015 hanno portato a ben 327.758 posti fissi in più. Il grosso dei nuovi rapporti di lavoro (87% del totale) continua ad arrivare dai contratti a tempo determinato, rimasto pressoché costante rispetto al 2014 e quantificabile in circa 1 milione di nuovi posti di lavoro, mentre sono calati del 13,8% i contratti di apprendistato (38.346 contro i 66.571) e del 15% quelli di collaborazione (33.068 contro 26.921). Infine, calano del 21,7% le forme di lavoro classificate nella voce "Altro" (contratti di inserimento lavorativo, contratto di agenzia a tempo determinato e indeterminato, contratto intermittente a tempo determinato e indeterminato, lavoro autonomo nello spettacolo) e che rappresentano il 2% dei nuovi contratti stipulati.

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Sud a forte rischio di "desertificazione industriale", con la conseguenza che l'assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe trasformare la crisi, per natura ciclica, in un sottosviluppo permanente. Lo si legge nel Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2015. "Dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13%, la metà della Grecia al 24%, oltre 40 punti percentuali in meno rispetto alla media delle regioni Convergenza dell'Europa a 28, pari al 53,6%". L'Italia nel suo complesso è stato il Paese con meno crescita dell'area euro a 18 con il 20,6% a fronte di una media del 37,3%. Dal 2008 al 2014 il settore manifatturiero al Sud ha infatti perso il 34,8% del proprio prodotto, contro un calo nazionale del 16,7% e ha più che dimezzato gli investimenti (-59,3%), tanto che nel 2014 la quota del valore aggiunto manifatturiero sul Pil è stata pari al Sud solo all'8%, ben lontano dal 17,9% del Centro-Nord. Persino le esportazioni, che nel Centro-Nord salgono del 3%, al Sud crollano del 4,8%. Il Sud sconta inoltre un forte calo sia dei consumi interni che degli investimenti industriali. I consumi delle famiglie meridionali sono infatti ancora in discesa, arrivando a ridursi nel 2014 dello 0,4%, a fronte di un aumento del +0,6% nelle regioni del Centro-Nord. Se si guarda dall'inizio della crisi al Sud i consumi sono scesi del 13,2%, oltre il doppio che nel resto del paese. Anche peggiore la situazione degli investimenti che nel 2014 scendono di un ulteriore 4%, portando il dato dal 2008 a un calo del 38%, con picchi del 59% per l'industria, del 47% per le costruzioni e del 38% nell'agricoltura. Non è immune dal crollo nemmeno la spesa pubblica. A livello nazionale dal 2001 al 2013 la spesa pubblica in conto capitale è infatti diminuita di oltre 17,3 miliardi di euro da 63,7 miliardi a 46,3 ma al Sud il calo è stato di 9,9 da 25,7 a 15,8. Scendono soprattutto al Sud i trasferimenti in conto capitale a favore delle imprese pubbliche e private: tra il 2001 e il 2013 si è registrato un calo del 52%, pari a oltre 6,2 miliardi di euro. "Un Paese diviso e diseguale, dove il Sud è la deriva e scivola sempre più nell'arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%) e il Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud nel 2014 ha toccato il punto più basso degli ultimi 15 anni, con il 53,7%". In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 53,7% del valore nazionale, un risultato mai registrato dal 2000 in poi. Lo scorso anno infatti quasi il 62% dei meridionali ha guadagnato meno di 12 mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Nel dettaglio a livello nazionale, il Pil è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno. A livello di regioni il divario tra la più ricca, Trentino Alto-Adige con oltre 37 mila euro, e la più povera, la Calabria con poco meno di 16 mila euro, è stato di quasi 22 mila euro, in crescita di 4 mila euro in un solo anno. Tutto questo si riflette nel rischio povertà che coinvolge una persona su tre al Sud e solo una su dieci al Nord. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%) ma in generale al Sud è aumentata rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord. "Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante l'Unità d'Italia: il Sud sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili". Sono le previsioni contenute nel Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2015. "Il numero degli occupati nel Mezzogiorno, ancora in calo nel 2014, arriva a 5,8 milioni, il livello più basso almeno dal 1977, anno di inizio delle serie storiche Istat". Lo Svimez sottolinea che il prezzo più alto è pagato da donne e giovani. Infine dal rapporto Simez emerge il rischio povertà coinvolge una persona su tre al Sud e solo una su dieci al Nord. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%) ma in generale al Sud è aumentata rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord.

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Roma. L'Italia si conferma sempre più il paese della disoccupazione. E' quanto si evince dall'Emplyment Outlook elaborato periodicamente dall'Ocse: secondo gli ultimi dati, la disoccupazione ha raggiunto nello stivale la soglia record del 12,7% nel 2014, aumentando di ben sei punti percentuali rispetto allo stesso periodo di 8 anni fa (6,1%). Si impenna anche l'incidenza della disoccupazione di lungo periodo. Particolarmente critico il dato della disoccupazione giovanile, che nel 2014 è arrivata al 42,7% (+2,7% rispetto al 2013). In crescita anche i lavoratori under 25 con contratti precari (56% nel 2014). Nel 2016, secondo le stime Ocse, la disoccupazione dovrebbe far registrare una prima discesa.

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Roma. Il comparto edile continua a vivere in uno scenario di grave contrazione delle dinamiche produttive, risentendo di due fattori che combinati insieme condizionano le possibilità di invertire la tendenza in atto ormai da troppo tempo: da un lato il brusco calo degli investimenti; dall'altro la persistenza dell'atteggiamento restrittivo nell'erogazione del credito da parte delle banche soprattutto verso le piccole imprese (che rappresentano di fatto la parte prevalente del tessuto imprenditoriale del comparto). L'ennesima conferma arriva dallo studio della Banca d'Italia dedicato alle economie regionali diffuso nei giorni scorsi. «In Campania - scrive la Banca d'Italia - secondo le stime di Prometeia - il valore aggiunto a prezzi costanti del settore delle costruzioni si è nuovamente ridotto nel 2014 (-5,3% rispetto all'anno precedente, -11,2 nel 2013). Tra il 2008 e il 2013 il calo è stato pari al 7,8% in media d'anno ». Se si analizza la dinamica delle erogazioni alle filiere produttive, il comparto delle costruzioni risulta tra quelli in permanente difficoltà. La flessione del credito è risultata diffusa tra i principali settori ampliandosi per le sole imprese manifatturiere (da -1,3 a -2,3%). Ma il quadro è molto diversificato tra i diversi comparti. «Hanno ripreso a crescere - spiega la Banca d'Italia - i finanziamenti alle imprese dell'industria alimentare, tessile e della fabbricazione di raffinati del petrolio, di prodotti chimici e farmaceutici (pari complessivamente al 45% del totale dei prestiti del settore manifatturiero nel 2013) a fronte di un ampliamento della flessione dei prestiti per le imprese operanti nel comparto metallurgico e di una contrazione per quello dei mezzi di trasporto, dei prodotti in gomma e plastica e di quelli elettronici che avevano registrato un'espansione nel 2013 ». E' in questo contesto che assumono particolare rilievo le difficoltà della filiera dell'edilizia. «Il credito concesso alle società di costruzione ha continuato a flettere nel 2014, anche se a ritmi inferiori rispetto all'anno precedente (-2,8%, dal -3,6 di fine 2013) ».

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Roma. In seguito all'esito negativo del tentativo di conciliazione esperito a Roma, lo scorso 2 luglio, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l'Usb ha proclamato lo sciopero di 12 ore per tutto il personale delle navi passeggeri e da carico, il giorno 16 luglio. Lo sciopero viene proclamato a seguito della mancata convocazione per il rinnovo del contratto nazionale Federinea e Confitarma. Lo sciopero sarà così articolato: inizio sciopero due ore prima della partenza per i collegamenti delle isole maggiori. Per le isole minori, lo sciopero sarà dalle ore 00.00 alle 12.00 del 16 luglio. Intero turno lavorativo per il personale amministrativo inclusi i turnisti. "Gravissima l'assenza - recita una nota ufficiale - di Federlinea e Confitarma al tavolo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il 2 luglio a Roma. Strumentale, discriminatoria ed irresponsabile, la motivazione dell'assenza che ha obbligato il Ministero a chiudere negativamente il tentativo di raffreddamento con Usb. Ora l'azione passa ai lavoratori chiamati ad uno sciopero storico che possa rimettere in discussione un contratto nazionale che "altri" hanno già accettato senza minimamente pensare all'arretramento normativo imposto a chi lavora in questo settore e soprattutto passa gran parte della vita lavorativa in mare. Prima dei soldi, quattro spiccioli per la verità, c'è la dignità e il rispetto dei lavoratori tutelati ormai da un vecchio contratto che i nuovi armatori vogliono stracciare e superare con un "nuovo" contratto che riporta i marittimi ai livelli infami degli anni '60 del secolo scorso. Usb chiede il referendum sul contratto e prima, almeno uno straccio di trattativa con i lavoratori veri, quelli che buttano il sangue e il sudore sulle navi. Ma a quanto pare agli armatori, bravi a fare i "privati" con i soldi pubblici, piace giocare facile con burocrati sindacali pronti a firmare ogni loro pretesa senza nessun tipo di opposizione, senza nemmeno guardare alla vera rappresentatività dimostrata dagli iscritti al sindacato. Bloccare la flotta il 16 luglio servirà a dimostrare, come in Germania, che i lavoratori dei trasporti quando alzano la testa e scioperano possono ancora contare e farsi rispettare".

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Caserta. Fumata bianca nel pomeriggio di ieri, nel corso dell'incontro in programma al Ministero dello sviluppo economico: Whirlpool e i sindacati Fim, Fiom e Uilm hanno infatti approvato l'accordo per scongiurare la chiusura, tra gli altri, dell'impianto di Carinaro, nel casertano. Il piano industriale con cui la multinazionale americana vuole rilanciare la produzione italiana dei siti ex Indesit è stato finalmente condiviso da azienda e parti sociali, dopo un lungo braccio di ferro durato 5 mesi. Nel nuovo programma è contenuta la previsione relativa al reintegro di tutti gli esuberi inizialmente previsti, nonché il mantenimento dei siti di Carinaro e None. L'azienda si è tra l'altro impegnata a non licenziare fino al 2018, grazie ad un piano di esodi e trasferimenti incentivati, ad una ricollocazione e riqualificazione professionale per gli impiegati ed all'utilizzo della cassa integrazione e dei contratti di solidarietà. Ora l'accordo dovrà passare attraverso il voto degli operai.